Coca Cola: perché 100 miliardi di bottiglie sono un problema

Samoa e Uganda paradisi terrestri invasi dalla plastica

A pagare il maggior prezzo di una massiccia produzione e commercializzazione di bevande in contenitori monouso sono stati paesi come le Filippine e l’Uganda – in cui sono state girate le riprese del documentario – dove non esistono infrastrutture di gestione e trattamento dei rifiuti.

L’isola di Samoa sino all’inizio di quest’anno aveva potuto contare sulla presenza di un concessionario della Coca Cola che produceva, imbottigliava e commercializzava le bevande in bottiglie di vetro a rendere. Bottiglie che venivano poi recuperate dopo l’uso in un sistema a ciclo chiuso, che sosteneva l’occupazione locale e preveniva la produzione di rifiuti. Purtroppo da quando l’azienda è stata chiusa lo scorso febbraio le bottiglie in plastica monouso finiscono in discarica insieme alla lattine, oppure bruciate o disperse nell’ambiente e in mare. Una piccola organizzazione locale intervistata nel servizio, sta tentando di raccogliere le bottiglie per inviarle via mare ad un riciclatore, ma i prezzi del trasporto sono insostenibili.

Credit: Panorama Coca-Cola’s 100 Billion Bottle Problem-BBC

La decisione presa del colosso di Atlanta (o da chi per esso) di chiudere il concessionario a Samoa va in direzione contraria agli impegni presi con il programma World Without Waste e suoi obiettivi. Non contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo globale di raccogliere il 100% dell’immesso al consumo (equivalente) al 2030, e non rispetta l’impegno preso di collaborare con gli enti locali e supportare i sistemi di raccolta e riciclo in quei paesi che sono in grande difficoltà e l’impegno a mantenere i rifiuti plastici fuori dall’ambiente. (vedi infografica)

Anche in Uganda, dove 3 contenitori su 4 immessi al consumo sono usa e getta le cose non vanno meglio; gli imballaggi in plastica finiscono dispersi nell’ambiente e a soffocare bacini acquiferi. E’ questo il caso del lago Vittoria, uno dei grandi laghi dell’Africa già fortemente inquinato, con effetti drammatici per le popolazioni e la fauna che dall’acqua del lago dipendono.

Un referente dell’associazione Plastic Burn racconta nel servizio come i bambini, piccoli waste pickers, passino sette giorni su sette a recuperare bottiglie in plastica tra spazzatura maleodorante. Bottiglie che altrimenti non verrebbero mai recuperate e che contribuiscono a raggiungere quel misero 6% di bottiglie in plastica rispetto all’immesso che viene raccolto per essere riciclato in Uganda.

La classifica mondiale delle marche più presenti nel littering

Non desta sorprese il fatto che la multinazionale si sia aggiudicata, per il quarto anno consecutivo, il primo post nella classifica delle aziende maggiormente responsabili dell’inquinamento da imballaggi in plastica a livello globale. Lo certifica l’esito dell’iniziativa annuale di Brand Audit di Break Free from Plastic denominata “Top 10 Corporate Plastic Polluters of 2021” che elabora i dati provenienti da 45 paesi in cui oltre 11.000 volontari hanno condotto 440 “brand audit” sui rifiuti dispersi raccolti nell’ambiente per rilevarne le marche coinvolte . Dall’analisi dei 330.493 rifiuti plastici raccolti nel littering dai volontari è emerso che il 58% è ascrivibile alla multinazionale.

Leggi anche : Per un mondo senza rifiuti Coca Cola deve correre

 

CONTINUA A LEGGERE >>

Leggi anche