Il primo cittadino

No, non è una difesa corporativa. Quanto accaduto a Torino è di una gravità inaudita. Ma consente di aprire una riflessione, speriamo seria, speriamo approfondita, sul ruolo (e le enormi responsabilità) di un sindaco. Ecco perché facciamo parlare un sindaco per iniziare a ragionarci sopra.

Il Sindaco di Torino Chiara Appendino è stata condannata oggi in primo grado ad 1 anno e 6 mesi di carcere per i tragici fatti di Piazza San Carlo, quando quattro pazzi si mischiarono alla folla presente in piazza per assistere alla finale di Champions League e spruzzando uno spray urticante scatenarono il panico, causando la morte di due persone e numerosi altri feriti.

La colpa del Sindaco di Torino? Secondo il Giudice avrebbe dovuto prevedere l’accaduto ed impedirlo. 

Ma come si fa a prevedere la follia? A tenere a bada la paura e la psicosi collettiva? Come si fa soltanto ad immaginare di poter annullare ogni possibile rischio in una piazza affollata, in un mercato, in un corso?

Ora, chiunque sia dotato di un minimo di buonsenso sa che è praticamente impossibile azzerare i rischi e che, per quanto costosi e cervellotici, non ci sono piani della sicurezza e dispositivi che tengano. Non si può prevedere tutto, non si po’ impedire tutto. Può piacere o no, ma la vita vera dice questo. 

Quello della Appendino rischia di diventare un precedente giurisprudenziale molto pericoloso. Un mostro giuridico che conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, l’evidente squilibrio tra quello che un Primo Cittadino può fare e le responsabilità in cui incorre. 

Ed allora, come auspicato dalla stessa Appendino, la speranza è che la sua vicenda dolorosa possa favorire l’apertura di una riflessione più ampia:  “Proprio sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti, forse andrebbe aperta una sana discussione”.

Perché se continua di questo passo, nel Paese dei Ciampolillo in Senato, sarà sempre più difficile trovare gente disposta a spendersi nella trincea delle amministrazioni locali e soprattutto dei piccoli paesi, dove si rischia per amor di patria.

Di seguito il post di Chiara Appendino che spiega tutto con molta chiarezza. 

“Come sapete, ho sempre cercato di comunicare con tutti voi in modo diretto e sincero. E così vorrei fare anche in questo giorno difficile. Il 3 giugno del 2017, durante la proiezione della finale Juventus-Real Madrid, una banda di quattro rapinatori, armati di spray urticante, si introdusse in mezzo alla folla e lo spruzzò per rubare collane e orologi preziosi. Questo gesto scellerato scatenò il caos che portò a molti feriti e alla morte di due persone. I quattro sono già stati condannati a 10 anni per omicidio preterintenzionale, anche in appello. Oggi, in un altro processo, la stessa Giudice ha condannato me (insieme ad altre 4 persone) a 1 anno e 6 mesi per una serie di reati colposi legati a quei fatti. È una decisione che accetto e rispetto, anche per il ruolo che rivesto. La tesi dell’accusa, oggi validata in primo grado dalla Giudice, è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza. È una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in Appello perchè è evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l’avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca. Non ve lo nascondo, questa tragica vicenda mi ha segnato profondamente. Quei giorni e i mesi che sono seguiti, sono stati i più difficili sia del mio mandato da sindaca sia della mia sfera privata, personale. E il dolore per quanto accaduto quella notte è ancora vivo e lo porterò sempre con me. Con la stessa sincerità vorrei aggiungere ancora una cosa: a questi sentimenti, oggi, si somma anche una sensazione di amarezza. Perché se è vero che la carica istituzionale che ricopro comporta indubbiamente delle responsabilità, alle quali non ho alcuna intenzione di sottrarmi, è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto – folle – di una banda di rapinatori. Proprio sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti, forse andrebbe aperta una sana discussione. Concludo questo messaggio con un grazie a tutte le persone che mi sono state vicine, soprattutto in questi giorni, e ai miei legali, fiduciosa di riuscire a far valere le nostre tesi nei prossimi gradi di giudizio”.

Dal blog di Gianfilippo Mignogna, sindaco di Biccari (FG)