Un programma circolare per la plastica: riciclo per almeno metà del packaging

RICICLO PER ALMENO IL 50% DEGLI IMBALLAGGI
La terza strategia dedicata al riciclo del piano delinea come attraverso un maggiore impegno e sforzi concertati mirati alla progettazione del packaging e ai sistemi post consumo si possa arrivare a  rendere il riciclaggio un’importante opportunità economica per almeno il 50% del packaging in plastica. Per contribuire al raggiungimento di questo obiettivo e rinforzare l’appeal economico del riciclo rispetto a discariche ed inceneritori il programma The NPE  sta lavorando all’implementazione di standard di riferimento per il design del packaging e dei processi di gestione post consumo delle plastiche normate da un Protocollo globale.

L’economia del riciclo nel suo complesso vive uno stato di incertezza e fragilità per un insieme di condizioni fotografate nel corposo rapporto The New Plastics Economy frutto del lavoro collaborativo di tutti i portatori di interesse della filiera del consumo del packaging che abbiamo recensito in due precedenti approfondimenti. La bassa performance di riciclo del 14%  a livello globale riflette le sfide economiche che il riciclo della plastica incontra un po’ in tutto il mondo; trattandosi di dover gestire una vasta gamma di imballaggi con polimeri e formati diversi all’interno di sistemi di gestione post consumo che sono spesso frammentati, quando non sottosviluppati.

Succede infatti che, anche nel caso di applicazioni di imballaggio che hanno un alto valore post consumo come le bottiglie in PET per bevande, i costi riferiti alla raccolta, selezione e riciclaggio al netto dei ricavi generati dalle vendite, sia a somma economica negativa.

In Italia il deficit di catena reso noto da Corepla sul suo Bilancio di Sostenibilità riferito al 2016 è stato pari a 382€ a tonnellata.

In Europa, secondo il piano, i costi dovuti per l’avvio a riciclo degli imballaggi di plastica provocano un costo aggiuntivo di circa 170 -250 dollari per tonnellata raccolta rispetto ad una loro gestione con il rifiuto indifferenziato.  Questa stima però non tiene conto dei benefici ambientali e socio-economici che il riciclo delle materie plastiche apporta con un incremento occupazionale ed una riduzione delle esternalità negative associate alle emissioni di gas serra, agli impatti sul suolo, biodiversità e qualità dell’aria.
Ad esempio, una tonnellata di plastica raccolta per il riciclaggio si stima eviti l’emissione di una tonnellata di anidride carbonica rispetto ad un’opzione di fine vita che preveda un mix (50%+50%) tra discarica e incenerimento con recupero di energia. Una tonnellata di materia plastica raccolta per il riciclaggio rappresenta un risparmio di costi per la società pari ad oltre 100 dollari.  L’attuazione della strategia per il riciclo del piano che vedremo sulla base di esempi concreti  potrebbe portare – per ogni tonnellata di plastiche da raccolta differenziata- ad un aumento di valore pari a circa 190-290 dollari, o a 2-3 miliardi di dollari all’anno nei paesi OCSE.
Tuttavia, anche se la redditività media ne guadagnerà positivamente, continueranno a sussistere delle barriere tecnologiche ed economiche nella gestione post consumo di particolari tipologie di imballaggio come quello flessibile. Considerando la fragilità strutturale del mercato del riciclo è necessario mettere in campo politiche e misure a supporto della domanda di plastica riciclata ed altre azioni di sostegno economico al settore per poter innescare degli effetti positivi nel breve termine.

Tra le misure legislative o di altra natura, incentivanti e disincentivanti, il piano indica: a) obiettivi vincolanti di riciclo, b) tassazioni o divieti per conferimento in discarica o incenerimento delle plastiche, c) tasse sul consumo di risorse o sulle emissioni di carbonio, d) schemi di responsabilità estesa del produttore a supporto dei sistemi che gestiscono la fase di post consumo degli imballaggi, e) sistemi di deposito su cauzione ed altri.

Una misura determinante per spingere il mercato verso una produzione di packaging circolare e sostenibile -aggiungiamo noi-  è contenuta nel nuovo articolo 8-bis che pone a carico dei produttori la totalità dei costi di gestione dei rifiuti per i prodotti che sono immessi sul mercato europeo. L’articolo 8, già introdotto dalla proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/2008/CE sui rifiuti e in particolare al comma 4, è stato oggetto di modifica negli emendamenti approvati il 14 marzo 2017 dal parlamento Europeo all’interno del pacchetto Economia Circolare. Solamente quando l’industria si troverà a fare i conti con i costi generati a fine vita dai propri prodotti si avrà un massiccio ricorso all’eco-design e al riutilizzo da parte delle aziende  per conservare il più a lungo possibile in nuovi cicli produttivi il valore delle risorse post consumo. Allo stesso tempo l’esigenza di tagliare i costi del take back degli imballaggi stimolerà il mercato a servirsi di strumenti efficaci come il deposito su cauzione gestiti dagli stessi produttori con  evidenti vantaggi economici per tutta la filiera, municipalità incluse.

Un’altra misura improcastinabile che non ci stanchiamo di ripetere  è quella di far pagare a chi immette imballaggi un contributo ambientale (CAC) differenziato sulla base dell’impatto generato dagli stessi  a fine vita. Il sistema vigente, basato invece sul peso dei materiali utilizzati per produrli, è diventato ormai obsoleto ai fini del raggiungimento degli obiettivi di reale riciclo del pacchetto economia circolare. La proposta di differenziazione del CAC in tre fase contributive presentata dal consorzio per la plastica Corepla, per come è strutturata, non riflette alcuna delle strategie e azioni volte ad incrementare il riciclo contenute nel piano Catalysing Action e parrebbe pertanto essere funzionale ad altre logiche.

 

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