Il Dossier
Introduzione di un CAC per tutti i materiali commisurato al grado di riciclabilità degli imballaggi
Per una riduzione delle spese di gestione degli imballaggi serve ridisegnare tutto il sistema a partire dalla progettazione che deve essere imperniata sulla prevenzione
La politica sostenuta dal Conai di favorire principalmente le aziende nella produzione di tanti imballaggi (quindi in definitiva maggiori costi per i consumatori e servizi di raccolta) con un contributo ambientale basso non è sostenibile. Come accade nel resto d’Europa, gli imballaggi superflui e difficilmente riciclabili vanno penalizzati attraverso l’applicazione di un contributo ambientale diversificato in relazione al reale impatto economico ed ambientale dell’imballaggio.
Se il CAC venisse allineato a quelli dei paesi europei che raggiungono quote di riciclo più alte delle nostre senza pesare sulla fiscalità generale dei comuni e, allo stesso tempo, commisurato in base alla effettiva riciclabilità degli imballaggi si otterrebbe quell’azione di prevenzione soprattutto qualitativa che oggi manca. Il Presidente del Conai risponde così quando in un’intervista di rinnovabili.it gli viene chiesto quale siano i vantaggi misurabile del Sistema di prevenzione del consorzio ” Uno dei grandi plus di questo sistema risiede nell’applicazione del contributo ambientale, che raramente viene interpretato come elemento di spinta e di stimolo verso la prevenzione. Quando il produttore della bottiglia – facciamo il caso – vende la bottiglia a chi la riempie, in quel momento oltre al prezzo della bottiglia applica separatamente il contributo ambientale, che è pagato da chi mette l’acqua nella bottiglia. Questo soggetto determina le caratteristiche dell’imballaggio e poiché chi imbottiglia paga in funzione del peso e dell’imballaggio, ha tutto l’interesse a fare prevenzione. Ad esempio, più la bottiglia è leggera, più basso sarà il contributo ambientale. Analoga cosa accadrà se al posto di imballaggi compositi utilizzerà imballaggi semplificati, ovvero se al posto di usare più materiali ne userà uno solo.” Se fosse possibile, solamente sulla base del contributo pagato a peso, ottenere una prevenzione qualitativa, esperti di eco design e policy makers dei paesi che hanno in essere un sistema di disincentivazione degli imballaggi “problematici”, non avrebbero perso il loro tempo ad occuparsene. Se così fosse dopo oltre 17 anni di applicazione del CAC si sarebbe dovuto assistere ad una riduzione degli imballaggi compositi in grande parte non riciclati o della categoria dei falsi amici del riciclo.
Serve pertanto (come avviene in altri paesi) incentivare le aziende attraverso una leva economica insita nel CAC per ottenere in breve tempo una progettazione più sostenibile negli imballaggi. In tal modo le aziende che già investono nell’eco design otterrebbero finalmente un parziale riconoscimento economico ai propri sforzi (grazie alla riduzione del CAC).
La mancanza di una leva economica è solamente uno dei fattori che ha contribuito ai risultati deludenti registrati dall’azione del Conai in tema di prevenzione degli imballaggi. Sono infatti aumentati del 4% gli imballaggi immessi al consumo dal 2000 al 2011 (e perfino del 9 % per quanto riguarda gli imballi più problematici secondo l’UE cioè quelli in plastica). Alcuni operatori del settore hanno infatti evidenziato che la scelta del legislatore di porre in capo al Conai l’elaborazione ed applicazione del Programma generale per la prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio non poteva produrre effetti diversi da quelli poi ottenuti poiché si affidava l’organizzazione delle iniziative per la riduzione del consumo degli imballaggi monouso proprio ad un Cda composto quasi totalmente da rappresentanti delle imprese che producono imballaggi a perdere e che non potevano quindi evitare di tutelare innanzitutto gli interessi delle aziende che li avevano nominati. Non è probabilmente un caso se il Conai si è subito dichiarato contrario anche solo all’ipotesi di introdurre in Italia l’obbligo del cauzionamento per le bevande. Anche sul punto della mancanza di leve economiche incentivanti per i produttori o utilizzatori di imballaggi sostenibili e facili da riciclare si è espresso l’Antitrust nell’ indagine conoscitiva sui rifiuti urbani presentata nel febbraio 2016 (identificata con la sigla IC49).
L’AGCM ritiene infatti che oggi sia necessario affiancare altri operatori autonomi a tale sistema, che “sembra aver esaurito la propria capacità propulsiva e produce risultati non più al passo con le aspettative” (IC49, sintesi, p.4), e che non garantisce l’osservanza del principio chi inquina paga (in base a quanto inquina). Ad oggi infatti il sistema CONAI, con il suo CAC indifferenziato, non favorisce i produttori di imballaggi più riciclabili, ma, al contrario, “i produttori di imballaggi meno riciclabili” (p. 169, punto 592).
DOSSIER ANCI-CONAI
Analisi dei risultati ottenuti dal sistema Conai e proposte di modifica dell’accordo
Sommario
- Il contesto normativo ed operativo europeo di riferimento p. 3
- Le condizioni introdotte dall’ultimo accordo Anci Conai (2009-2013) p. 9
- Il parziale riconoscimento dei maggiori oneri della RD ai Comuni da parte del Conai p. 14
- Le iniziative del Conai per il recupero energetico degli imballaggi p. 20
- Il reale stato di salute dell’industria del riciclo ed i conflitti di interesse in atto
p. 21 - Proposte di revisione dell’accordo Anci-Conai da sottoporre anche al Governo Nazionale p. 29
- Proposte per agevolare la riduzione degli imballaggi p. 31
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