Riciclo: indietro tutta?

Coloranti e opacizzanti mettono a rischio il mercato del riciclo del PET  

Plastics Recyclers Europe (PRE), la federazione europea delle aziende che riciclano materie plastiche, lancia da tempo l’allarme sulle ricadute negative per il mercato del riciclo causate dal design contemporaneo degli imballaggi che è troppo sbilanciato nella ricerca dell’estetica (in primis) e della funzionalità a discapito del riciclo.  L’ultimo riguarda il futuro del mercato del packaging in PET, il materiare plastico più riciclato, che viene messo a rischio dagli ultimi sviluppi e tendenze del mercato.
I problemi arrivano da una delle tipologie di imballaggi problematici per il riciclo. Si tratta dei contenitori e bottiglie in PET colorato, che potrebbero raggiungere presto le 300 mila tonnellate annue senza che ci sia un mercato in grado di assorbirle.
Secondo PRE alcuni settori dei beni di consumo, come quello del latte o dei prodotti per la casa e la cura della persona, stanno passando dall’utilizzo di contenitori in HDPE a quelli in PET colorato, sia per ragioni di marketing che come ricerca di una maggiore sostenibilità. Tuttavia i contenitori colorati raccolti con quelli in PET trasparente, non solamente richiedono ulteriori attività di selezione (e quindi costi aggiuntivi), ma rendono necessari ulteriori interventi. Per poter vendere il granulo riciclato che si ottiene dalle bottiglie colorate, diventa infatti necessario per i riciclatori scurirlo in tonalità dal grigio al nero senza che esista una richiesta per i granuli rigenerati in questi colori.

Pertanto la necessità di trovare sbocchi per questo prodotto in PET non può che portare instabilità in altri mercati presidiati da altri polimeri post consumo. In questo caso sarebbe l’industria che ricicla l’HDPE, già attrezzata a gestire il materiale colorato- che diventa materia prima seconda per tubi, vasi e altri manufatti- a correre il rischio di andare in crisi nel momento in cui dovesse subire una forte concorrenza del PET colorato.
Secondo i riciclatori, anche il recupero dei contenitori in PET bianco è problematico. Se questi contenitori vengono riciclati con altri contenitori in PET il pigmento TiO2 che contengono riduce la trasparenza del PET rigenerato (haze effect). Oppure, nei casi in cui il pigmento sia presente nel granulo da riciclo in quantità superiori al 5%, si verificano problemi sia nelle applicazioni in campo tessile che nel settore alimentare, quando è previsto il contatto con alimenti.
Questi casi – avverte PRE- contribuiscono ad indebolire l’immagine che il PET ha acquisito di un materiale facilmente e convenientemente riciclabile riducendone il mercato.
Le aziende che vogliono continuare su questa strada pericolosa – avverte PRE –devono essere pronte a sostenere i costi legati alla responsabilità estesa dei produttori e accettare al tempo stesso un crollo dell’industria del riciclo di PET e HDPE”.
PRE si appella ai soggetti che formano la filiera economica di entrambi i materiali affinché non interrompano il funzionamento e l’equilibrio di entrambi i circuiti.
mossa3Una soluzione suggerita dalla federazione è l’impiego di etichette integrali o sleeves che avvolgono le confezioni, a patto che queste siano riconoscibili dai sistemi di selezione automatica NIR e non impattino negativamente sui processi di riciclo. La realtà è che queste etichette creano problemi sia quando realizzate in PET che in PVC e già a partire da un loro riconoscimento negli impianti di selezione dove le bottiglie con sleeves vengono inviate al flusso di PET colorato, mentre il contenitore è in PET trasparente. In generale la maggior parte delle etichette integrali crea problemi anche nel processo di riciclo, a meno che non siano state testate e approvate dai riciclatori all’interno delle linee guida per il riciclo. Inspiegabilmente mentre all’estero esiste un dibattito su questa problematica, che non rimane solamente confinato agli addetti ai lavori,  ma arriva anche sui media specializzati, in Italia tutto tace.

Alcuni impianti hanno acquistato una macchina/linea che rimuove le etichette (come la Erreplast in Italia) ma, secondo Rick Moore, Direttore esecutivo della National Association for PET Container Resources (NAPCOR), che da trenta anni  si occupa di come superare le problematiche del riciclo, questa soluzione non solo aumenta i costi dei riciclatori, ma ritarda la soluzione del problema. Secondo uno studio effettuato da APR, Association of Postconsumer Plastic Recyclers dover gestire contenitori con etichette coprenti sleeve costa dai 2 ai 4 centesimi di dollaro per ogni 500 grammi di prodotto lavorato. Questa questione va a peggiorare un quadro già pieno di criticità per il settore che vede raddoppiati in 10 anni i costi necessari per produrre riciclato in PET per il mercato. Guarda il video prodotto al WEF-World Economic Forum 2016 a Davos:  Rethinking Plastics dove il Ceo di Suez , Jean-Louis Chaussade si chiede perchè il mercato richieda PET trasparente per poi colorarlo e compromettere o complicare le successive fasi di riciclo con un inevitabile aumento dei costi.  Speakers: Ellen MacArthur (Fondatrice dell’Ellen MacArthur Foundation), Dominic Kailash Nath Waughray (WEF), Oliver Cann, Jean-Louis Chaussade

 

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