E’ l’ecodesign che fa l’imballaggio circolare
COME COMPLICARE E RENDERE PIÙ ONEROSO IL RICICLO
Prendendo in esame l’opzione del riciclo, ambientalmente meno favorevole del riuso, le tipologie di imballaggio difficile o impossibile da riciclare immesse in commercio da quando è partita l’iniziativa, non accennano a diminuire, quanto piuttosto ad aumentare. Parliamo di imballi problematici ai fini del riciclo come, ad esempio, le buste e brick in poliaccoppiato , i contenitori in PET contenenti coloranti o opacizzanti oppure rivestiti da etichette coprenti termotraibili. Non esiste inoltre ancora una politica per promuovere il riciclo delle plastiche miste, nonostante siano più della metà della plastica che si raccoglie in modo differenziato. Tranne rare eccezioni come in Toscana dove ci pensa Revet Recycling a riciclare queste plastiche che vengono per lo più termovalorizzate. La ricerca e l’innovazione, invece di essere applicata all’ecodesign e a concretizzarsi nella prevenzione ( ex ante) finisce per doversi occupare dello sviluppo di soluzioni ai problemi ( ex post), molto più costore ed inefficaci sotto il profilo del risparmio di risorse. Con il risultato che le aziende che operano nella selezione o nel riciclo degli imballaggi, si trovano a dover subire i costi di una progettazione orientata al marketing ,e a dover distrarre risorse finanziarie proprie, che potrebbero invece essere impiegate in attività di ricerca e/o per creare occupazione. Lo testimonia il caso dell’azienda Erreplast che ha dovuto investire 1,5 milioni di euro dotandosi di una linea per eliminare, all’inizio del ciclo, etichette e sleeves dalle bottiglie. In questo modo la resa è tornata sui livelli di 15 anni fa, prima cioè che le etichette integrali invadessero il mondo del beverage, aumentando la quantità di scarto poiché PVC e polistirene (materiale delle sleeve) sono incompatibili con il riciclo del PET. Uno studio USA ha quantificato i maggiori costi di gestione per il riciclo di bottiglie con sleeves (etichette coprenti) in un costo che varia dai 2 ai 4 centesimi di dollaro per ogni 500 grammi di prodotto lavorato. In generale, negli ultimi 10 anni, si è verificato un raddoppio dei costi di produzione per il riciclato in PET.
QUANDO UN RETAILER SORPASSA “A SINISTRA” POLITICA E CONSORZI PER IL RICICLO
Anche i templi del consumismo sfrenato come il colosso americano del retail Walmart stanno da qualche anno tentando di ridurre l’impatto del proprio business. Recentemente con il lancio The Sustainable Packaging Playbook un documento di 20 pagine indirizzato ai suoi fornitori contenente le linee guida per l’ecodesign del packaging è stato affrontato il tema della sostenibilita del packaging. Alla redazione del documento hanno contribuito la fondazione Sustainable Packaging Coalition e associazioni dei riciclatori come APR ( Association of Plastic Recyclers). La sostenibilità del packaging è uno dei parametri del Walmart Sustainability Index che conta l’adesione di oltre 3000 fornitori dell’insegna. Il 70 % degli acquisti del retailer sono destinati ai fornitori che hanno aderito all’Index . Tra le indicazioni del Playbook figurano proprio le richieste oggetto della seconda e terza mossa come l’eliminazione di etichette coprenti e additivi in genere che interferiscono con il riciclo dei contenitori in PET, l’utilizzo di componenti del pack (come tappi e chiusure) che siano dello stesso materiale o che possono essere facilmente separati nel processo di riciclaggio. L’utilizzo di bioplastiche come il PLA viene consigliato solo quando c’è un’impiantistica di compostaggio o riciclo che possa gestirne il fine vita. Non manca l’invito ad utilizzare imballaggi riutilizzabili secondari e terziari.
Inoltre Walmart, dopo aver scoperto che due terzi dei consumatori non differenzia il packaging quando non trova indicazioni di conferimento sulla confezione, incoraggia i produttori ad apporre sulle confezioni l’etichetta How2Recycle . Questa precauzione è dovuta all’obiettivo rifiuti zero che Walmart si è assunto per tutti i prodotti commercializzati che si estende dalla fase di produzione/coltivazione alla fase del fine vita.
In particolare per quanto concerne la plastica le indicazioni del Playbook sono in linea con le soluzioni suggerite dal rapporto The New Plastics Economy: rethinking the future of plastics di cui abbiamo scritto in questo precedente post.