Il Deposito Cauzionale al centro del dibattito pubblico è un’ottima notizia, nonostante tutto

E’ vero che implementare un DRS avrebbe costi proibitivi ?

Allo stato attuale non è possibile fare tale affermazione in quanto non sono ancora stati presentati studi completi e analitici sui costi benefici causati dall’introduzione di un DRS nazionale – come nel caso della Spagna – per citare uno studio recente. Sono usciti invece alcuni numeri diffusi dal Conai durante convegni e sui media senza che lo studio di riferimento sia stato messo a disposizione. E’ uscito un anno fa uno studio preliminare sul tema commissionato da Assobibe alla Fondazione Sviluppo sostenibile di 50 pagine circa che ha avuto senz’altro il merito di fare da apripista.

Da questo studio esce un dato molto diverso circa la quantità di RVM necessarie da installare in Italia secondo il Conai (100.000 RVM con un investimento di circa 2,3 miliardi di euro). Lo studio di Assobibe prende come riferimento la Germania, paese più simile all’Italia sia per dimensioni che per densità abitativa dove è stata posizionata una RVM ogni 2.073 abitanti. “Trasponendo questo valore per l’Italia significa che nel nostro Paese occorrerebbe installare orientativamente circa 29.000 macchine. Pensando di posizionare una macchina presso ogni esercizio della grande distribuzione nel settore alimentare arriveremmo così a stimare un fabbisogno di 25.534 RVM.”

Detto questo, nei DRS esistenti in Europa l’acquisto delle RVM è stato prevalentemente a carico della GDO che ne ha pianificato l’acquisto con la certezza di ritornare in tempi relativamente brevi dell’investimento e a più livelli. Attraverso le compensazioni previste dall’operatore del sistema per ogni imballaggio gestito a coprire tutte e spese sostenute: dalla commissione di gestione o handling fee e con l’aumento dei passaggi e degli acquisti da parte dei clienti. D’altronde quanti investimenti fa l’industria e il retail in marketing e pubblicità, senza avere certezza di un ritorno economico come invece avviene in questo caso ?

Sono stati forniti numeri attendibili e verificabili sui costi e benefici di un DRS nazionale da considerare per successivi studi ?

Come già anticipato i numeri forniti dal Conai ai media, inclusa l’affermazione che un DRS costerebbe 10 volte l’attuale sistema (integrabile o meno con eco-compattatori) non sono verificabili e si basano su scenari non perseguibili nella realtà. In particolare sull’evenienza, remota, di un DRS implementabile per le sole bottiglie di plastica e sull’assunto che le bottiglie raccolte con il sistema misto vengano accettate nel computo del raggiungimento del target del 90% delle bottiglie già menzionato.

Tra i numeri e i dati diffusi manca, ad esempio una simulazione completa su quale potrebbe essere un bilancio completo di un DRS nazionale come entrate e uscite. Alcuni dei numeri diffusi sulle singole voci di costo all’interno di tabelle, non significano nulla quando scorporati dal contesto. E’ questo il caso dei costi delle misure antifrode o dell’ammontare dei depositi non riscossi [che è una delle voci di finanziamento del sistema insieme al contributo EPR versato dalle aziende che immettono imballaggi e dalla vendita dei materiali ] che è stato stimato per presentarlo in una luce “truffaldina”. Un bilancio aziendale così come una valutazione sulla validità e correttezza dell’operato di un’azienda (o ente no profit) non viene determinato da quanto costa complessivamente o analiticamente, ma dai risultati e servizi che fornisce alla società e ai suoi stakeholder, interni ed esterni senza gravare sui consumatori. Avere delle voci di costo senza indicare chi sono i soggetti ai quali vanno attribuite, oppure citare l’entità di investimenti senza precisare entro quali tempistiche avviene il ROI, non contribuisce ad un dibattito razionale, equilibrato, e soprattutto produttivo.

Ma soprattutto vengono portati numeri che difficilmente possono fornire indizi sulla base dei quali dedurre che un DRS rappresenti “un rischio economico che si ripercuote sui consumatori” o che non sia un sistema trasparente. Né tantomeno che non stia in piedi economicamente, o che non sia win win per tutti gli stakeholder (Comuni, GDO, Produttori di bevande e operatori impegnati nelle operazioni di avvio a riciclo tutti). Questo perché l’evidenza sui risultati conseguiti dai sistemi europei suggerisce ben altro e un DRS per il nostro paese va costruito insieme a tutti gli stakeholders senza pregiudizi. Stupisce la diffidenza verso un DRS soprattutto da parte dell’industria delle bevande e dalla GDO, che sono proprio i soggetti che andrebbero ad organizzare, finanziare e gestire un DRS attraverso un ente non profit sul modello di gestione centralizzato dei paesi europei.

L’Italia è davvero un unicum che non ha bisogno di DRS?

I vantaggi di ordine economico e ambientale di cui l’Italia potrebbe beneficiare guardando alle esperienze di successo europee, sono ormai noti e la prima parte di questo articolo ha fornito dei numeri che parlano da soli. Chi afferma che l’Italia è un unicum si schiera dalla parte di chi non vuole abbandonate lo status quo.
Ma lo scenario andrà a cambiare dal 2024 perché lo richiederà il passaggio obbligatorio dal sistema di responsabilità condivisa del produttore attuale, a quella estesa che richiede ai produttori la copertura del 100% (o 80% in deroga) dei costi della RD e della rimozione del littering per gli imballaggi in plastica, tra gli altri adempimenti. Scenario che porterà il Conai a dover raddoppiare molto probabilmente i corrispettivi che ricevono i Comuni regolati dall’accordo Anci Conai, e aumentare pertanto il CAC che pagano le aziende utilizzatrici di imballaggi.

Una delle ragioni questa che rende le stime diffuse da Conai poco rilevanti perché basate sul presente e non sullo scenario dei prossimi anni.

L’attuale sistema di responsabilità condivisa del produttore è infatti quello che si è dimostrato meno costoso per le aziende utilizzatrici di packaging a parità di efficienza e tassi di riciclo tra i Producer System Organizer europei (PRO) presi in esame da uno studio commissionato dal Conai alla Bocconi.

Al risultato concorre il contributo EPR (CAC) più basso per ton pagato in Italia dalle aziende che immettono imballaggi al consumo e il fatto che i Comuni finanziano per la maggiore quota la raccolta differenziata e i costi dovuti per la rimozione del littering. (1)

Il Sistema partito in Slovacchia va a gonfie vele

Un parere informato su uno dei sistemi cauzionali lanciati quest’anno, e che sta andando a gonfie vele, è arrivato da Alessandro Pasquale, produttore di acque minerali intervenuto al workshop citato in apertura. Nel sistema slovacco alla cui implementazione ha partecipato il manager, le aziende hanno investito 500.000 euro e il resto è stato finanziato dalle banche. Il DRS slovacco, come si può leggere sui media locali, a pochi mesi di distanza sta andando benissimo con un’ottima liquidità, livelli di intercettazione dell’80% dopo neanche un anno , e tutto il raccolto va ai produttori di bevande per realizzare nuove bottiglie e lattine.

Noi invece stiamo investendo soldi pubblici per comprare eco-compattatori nel tentativo di raggiungere il 90% di intercettazione e sprecando ogni anno sette miliardi di contenitori per bevande che sfuggono al riciclo. Una perdita di risorse preziose che potrebbero alimentare la nostra economia e giovare ai bilanci comunali. Come se non bastasse, mentre l’industria è riuscita a schivare la Plastic Tax italiana, come cittadini italiani ci troveremo a pagare la Plastic Tax europea. Ogni stato membro è tenuto a versare 800 euro per ogni tonnellata di rifiuti di imballaggio in plastica non riciclati. L’anno scorso, secondo quanto emerge dal Bilancio europeo, il nostro paese ha versato nelle casse UE 744 milioni di euro pagati dalla fiscalità generale. Anche le tonnellate di bottiglie in PET non raccolte hanno un peso nel determinarne l’importo. Forse dovremmo cominciare a quantificare quanto ci costa la mancanza di un sistema cauzionale.

Aggiornamento 30 novembre :

Presentata oggi la proposta di regolamento nella Conferenza stampa di Frans TIMMERMANS, Vicepresidente esecutivo della Commissione europea e Commissario per il Green Deal, e di Virginijus SINKEVIČIUS, Commissario europeo per l’Ambiente, gli Oceani e la Pesca.
Timmermans si è espresso per una parte del suo intervento in italiano a rispondere alle critiche arrivate soprattutto dall’Italia.
? Qui la registrazione con traduzione simultanea : https://bit.ly/3EMApEh

Il comunicato stampa con i link per scaricare il regolamento e i documenti correlati: GreenDeal europeo: porre fine allo spreco di imballaggi, incentivare il riutilizzo e il riciclo

(1) EPR imballaggi: la “copertura” dei costi



 

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