Plastic free è uno slogan che funziona ma non sempre sottintende meno rifiuti

Sempre più comuni adottano ordinanze plastic free: ci sono buoni modelli da proporre incisivi a livello ambientale?
Ho fatto recentemente un’analisi articolata sul tema che include anche la decisione di Federdistribuzione di sostituire a scaffale entro un anno le stoviglie in plastica monouso con opzioni in bioplastica ( ugualmente bandite dalla direttiva Sup).
Questa decisione è stata sollecitata, a mio parere, sia dal timore di perdere le vendite di questi manufatti a seguito del “sentiment anti-plastica” che dai provvedimenti plastic free che in alcuni comuni si sono spinti a vietarne anche la vendita nei negozi , oltre che l’utilizzo di queste stoviglie negli esercizi del settore della ristorazione.
Per rispondere al quesito sull’incisività ambientale, va ricordato che, se il “migliore rifiuto” è quello che non si produce, le “migliori ordinanze” sono quelle in cui si sostituisce la plastica con borracce, bicchieri e stoviglie riutilizzabili prevenendo o riducendo il rifiuto.
Come alcuni studi hanno dimostrato la sostituzione con bicchieri o stoviglie in Pla o altri materiali non sempre comporta un vantaggio ambientale sostanziale a livello di emissioni di Co2 rispetto alle opzioni in plastica. Solamente uno studio LCA mirato ad uno specifico ciclo di utilizzo in uno specifico contesto geografico che faccia i conti con i sistemi di avvio a riciclo e la tecnologia dell’impiantistica lì presente può misurare in modo preciso l’impatto ambientale di un materiale rispetto ad un altro. Ma studi italiani con questi requisiti e specifiche non ne ho trovati.
Un recente studio sull’impatto dei manufatti compostabili sul sistema di gestione dei rifiuti Norvegese ha evidenziato una mancanza di infrastrutture disponibili per trattare il materiale compostabile, una contaminazione tra i materiali compostabili che si mischiano a quelli di plastica fossile con una conseguente perdita di qualità del compost, difficoltà alla attrezzature meccaniche causate da residui di plastiche compostabili e la conseguente necessità di rimuovere tutti gli oggetti “dall’aspetto plastico” dal flusso dei rifiuti organici.
Anche se uno studio sul contesto italiano rivelerebbe molto probabilmente problematiche simili dovute ad un aumento della quantità di manufatti nella raccolta dell’umido che dovremmo affrontare, non vorrei impegolarmi in discussioni troppo tecniche. Ndr.Vedi a questo proposito un aggiornamento su un primo documento di posizionamento da parte degli impianti di trattamento dei rifiuti organici uscito nel gennaio del 2020 (4) . Giusto per chiarire la mia posizione sono per una riduzione drastica della nostra dipendenza dal petrolio e per un uso attento e moderato delle materie plastiche per prodotti soprattutto durevoli che deve però sempre avvenire all’interno di circuiti chiusi, senza dispersioni nell’ambiente e sprechi di materia. Allo stesso tempo però, quando si tratta di consumo monouso non tifo per alcun materiale in virtù di un presunto “male minore” ma mi pongo prima una serie di domande : posso fare a meno di un manufatto? Posso sostituirlo con un’opzione riutilizzabile cambiando il sistema di erogazione di una bevanda o del cibo oppure adattare le ricette per permettere una somministrazione “zero pack” come è quella del cono edibile del gelato?
La stella polare che deve guidare le decisioni dei decisori politici e aziendali, a mio parere, è la gerarchia europea di gestione dei rifiuti che mette al primo posto la prevenzione e il riuso tra le azioni prioritarie da intraprendere in quanto ambientalmente preferibili. Se partiamo invece dalla scelta del materiale con cui realizzare un prodotto usa e getta equivale a perdere una battaglia senza combatterla e accettare il rifiuto come una fatalità.
Attualmente, siccome tutto sommato costa meno cambiare materiale monouso rispetto al doversi organizzare per gestire manufatti riutilizzabili si tende ad utilizzare usa e getta per motivi di comodità, più che di mancanza di alternative nella maggioranza dei casi.

Speriamo che anche l’Italia in fase di recepimento della direttiva sui rifiuti da imballaggio parte del pacchetto economia circolare si ispiri alla Svezia. Il governo svedese ha incaricato l’EPA Environmental Protection Agency di lavorare ad una proposta che fissi degli obiettivi di riduzione dello spreco di cibo ma anche di riuso per il packaging obbligatori per legge.
Se penso a buoni modelli di ordinanze plastic free alla luce di quanto ho spiegato e  se l’obiettivo è la riduzione del rifiuto da usa e getta di qualsiasi materiale penso all’approccio adottato da Berkeley che ha emesso un’ordinanza con un percorso a tappe della durata di due anni coinvolgendo gli esercizi commerciali in un percorso guidato di transizione. Quando entrerà in vigore i contenitori per cibo e bevande in plastica saranno banditi, quelli in materiale compostabile dovranno essere controllati se compatibili con l’impiantistica locale dall’amministrazione della cittadina e non potranno essere ceduti gratuitamente. Gli esercenti dovranno addebitare ai loro clienti un costo riferito al contenitore monouso che sarà lo stesso in tutta la città.
Sin da subito l’amministrazione si è messa al lavoro per promuovere i contenitori riutilizzabili sostenendo la nascita di aziende di servizi che possano fornire agli esercizi che vendono bevande e cibo da asporto un servizio di noleggio e di sanificazione dei contenitori. quando gli esercizi non hanno spazi sufficienti per potere gestire le stoviglie riutilizzabili.

Perché nella direttiva europea per la riduzione delle plastiche monouso che dovrà entrare in vigore nel 2021 sono esclusi dal divieto i bicchieri di plastica? Sono meno pericolosi se dispersi nell’ambiente?
Sinceramente è una decisione che mi ha sorpreso perché, così come la direttiva ha proibito le stoviglie e posate in plastica poiché considerate delle opzioni per cui esistono delle alternative più sostenibili sul mercato, non si può dire che queste considerazioni valgano meno per i bicchieri. Al contrario i sistemi di bicchieri riutilizzabili in plastica dura o silicone sono molto più diffusi delle stoviglie riutilizzabili in occasioni di grandi eventi musicali o fiere. Ad Amsterdam ci sono bar nei parchi o locali storici dove si tengono concerti che già da anni usano bicchieri riutilizzabili cauzionati. Non per nulla sempre ad Amsterdam è entrata in vigore un’ordinanza che vieta tutti i tipi di bicchieri usa e getta per eventi sul suolo pubblico ad inizio anno e permette solamente le versioni riutilizzabili.
Ecco perché sono attive in Olanda da anni diverse aziende che si occupano del servizio di noleggio e gestione di bicchieri chiavi in mano per tutte le occasioni.

In Italia ci sono tante paure e resistenze ad adottare un vero sistema di vuoto a rendere
Questo è un argomento che meriterebbe un’intervista dedicata. I sistemi di deposito per i contenitori di bevande sono l’unica risposta esistente che ottiene percentuali di raccolta a fine vita pari ad oltre il 90% dell’immesso. Nonostante queste performance, ed il fatto che non pesano sulle bollette dei rifiuti dei comuni e dei cittadini, ( essendo sistemi che vengono finanziati e gestiti dai produttori e utilizzatori di bevande e dai supermercati ) questi sistemi vengono osteggiati dai soggetti prima citati con poche eccezioni e dagli schemi esistenti di responsabilità estesa del produttore principalmente perché :
1) per gli utilizzatori di imballaggi significa pagare il costo completo di quando i comuni spendono per organizzare la raccolta differenziata e non solamente meno di un terzo di quanto spendono. Per ogni tonnellata di materiale impiegato gli utilizzatori di imballaggio versano ai Consorzi Conai, a seconda del materiale, un contributo ambientale che i consorzi dovrebbero impiegare per finanziare le raccolte differenziate nei comuni. Tuttavia quando i produttori di bevande dovranno sostenere i costi completi pagati dai comuni, una volta recepita la direttiva prima citata, correranno a gambe levate a sostenere i sistemi di deposito perché costerà loro molto meno. Si è già visto all’estero. Esiste inoltre da parte dell’industria delle bevande il timore che una maggiorazione sul costo della bevanda dovuta dalla cauzione, possa determinare un calo delle vendite.
2) per gli schemi di EPR rappresentati in Italia dai consorzi del Conai, e in particolare per plastica, vetro e lattine, un sistema di deposito significa rischiare di perdere la parte di maggior valore degli imballaggi di bevande.
Questo significa in soldoni una perdita finanziaria importante derivante dall’incasso del contributo ambientale (CAC) da parte dei produttori di bevande che metterebbe a rischio l’esistenza stessa del sistema dei consorzi , almeno nella loro forma attuale, molto vicina ad un sistema monopolistico.
Per quanto riguarda i sistemi di deposito esiste in Italia da parte della politica locale e nazionale una certa diffidenza nei loro confronti che è trasversale rispetto agli schieramenti politici.
Questo atteggiamento deriva in genere da una limitata conoscenza dei sistemi di deposito esistenti (3) e dei risultati conseguiti a cui si aggiunge un certo timore nel dover cambiare il sistema attuale. Infatti, qualora si pensasse di adottare un vero sistema di deposito per le bevande si renderebbe necessaria una revisione dei sistemi di raccolta e di avvio a riciclo attuali, inclusi i contratti in essere dei comuni con i gestori locali dei rifiuti .
Tuttavia se vogliamo raggiungere gli obiettivi europei di raccolta e riciclo e in particolare per le bottiglie di plastica questi sistemi rappresentano l’unica risposta possibile per vincere la guerra dei rifiuti e della dispersione degli imballaggi nell’ambiente.
Sempre se si assoggettano tutti i tipi di contenitore evitando cosi effetti collaterali di cui abbiamo un chiaro esempio già ora nella crescita nel consumo di lattine che stanno rimpiazzando le bottiglie di plastica con un impatto di packaging doppio, almeno a livello di unità.
Per avere mezzo litro di acqua ci vogliono due lattine che quando finiscono nei cestini stradali o nell’ambiente vengono sprecati al pari dei contenitori in plastica.
Questo è solo uno degli effetti indesiderati dell’onda anti-plastica che la politica dovrebbe saper prevenire e governare invece di abdicare al suo ruolo a favore di iniziative più di comunicazione che altro e condite da facili slogan.

(1) Ai sensi della norma EN 13432 che fissa i criteri per cui un materiale sia riconosciuto come compostabile.

(2) La transizione ad una circular economy e il futuro del riciclo degli imballaggi in Italia”. Indagine sul livello di adesione dell’economia circolare in Italia da parte della filiera italiana degli imballaggi commissionata da Conai e condotta dall’Osservatorio Green Economy di IEFE Bocconi e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

(3) -Lo studio più recente su 10 sistemi di deposito in Europa di ACR Plus.

Il giro del mondo del deposito su cauzione per i contenitori di bevande

(4) Aggiornamento gennaio 2020: Uscito un documento di posizionamento  pubblicato da Utilitalia che chiarisce quale è lo stato dell’arte rispetto alla gestione dei manufatti in bioplastica alla luce delle tecnologie esistenti negli impianti di trattamento del rifiuto organico che può essere scaricato a questo link .

Sulla direttiva SUP leggi anche :

Stoviglie e imballaggi compostabili: serve un bagno di realtà?

 

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