Sacchetti ortofrutta e altri contenitori riutilizzabili: in Italia ancora un miraggio, o quasi..
Passano i mesi e ancora non arriva dal Ministero della Salute una circolare che renda possibile per i supermercati adottare delle soluzione riutilizzabili per il settore ortofrutta, ma anche per i prodotti da forno e altri prodotti. Se in Italia non cambieremo la normativa alimentare e altri ostacoli legislativi che impediscono il riuso, dovremo accontentarci di guardare agli altri paesi europei mentre finiamo seppelliti dall’usa e getta. Il caso delle insegne Lidl, Albert Hijn (e non solo) in Belgio e Olanda.
Passano i mesi e ancora tutto tace sul fronte bioshopper ortofrutta. Nessuna nuova circolare dal Ministero della Salute che, chiamato ad esprimersi dal precedente ministro all’Ambiente, ha ingarbugliato ulteriormente la situazione. Siamo al punto in cui , in nome di chissà quali rischi sanitari, il riuso dei sacchetti non è permesso.
Neanche la “sfida” di buon senso lanciata a giugno da NaturaSì che, con l’appoggio di Legambiente, ha adottato sacchetti riutilizzabili per ortofrutta ( e anche per il pane), nei suoi punti vendita, è bastata per provocare qualche reazione.
Restiamo quindi sospesi in una situazione “all’italiana” in cui abbiamo una legge (disattesa) che vieta la commercializzazione dei sacchetti di plastica già da tempo, e in cui si ignora una “provocazione” appositamente lanciata da un’azienda per sollecitare una conclusione della vicenda.
Molto probabilmente questo silenzio è indice della difficoltà in cui si è trovato il Ministero rispetto ad una legge “mal scritta” e del fatto che non riesca a trovare “una via di fuga che salvi capra e cavoli”.
Fatto sta che per bandire i sacchetti di plastica ultraleggeri usa e getta questo provvedimento ha scatenato due effetti indesiderati: ha impedito l’adozione di alternative riutilizzabili da parte dei consumatori e ha fatto aumentare il consumo di ortofrutta confezionata in plastica. Non entriamo qui nei dettagli di un tema già oggetto di precedenti interventi a favore di una soluzione riutilizzabile che proponiamo alla GDO dal 2010.
Certo è che se avessimo seguito l’esempio di paesi che hanno reso obbligatorio per legge una tassa sufficientemente alta per tutti gli shopper usa e getta, o misure come quella olandese che nel 2016 ha vietato la cessione gratuita per i sacchetti in plastica e bioplastica (e suggerito un costo di 25 cent), avremmo: incentivato il ricorso alle borse e sacchetti riutilizzabili e stroncato sul nascere il mercato illegale dei sacchetti di plastica che ha prosperato in questi anni.
PLASTICFREE O PACKAGINGFREE?
Una delle conseguenze indesiderate della corsa al plasticfree – che non si trasforma in packagingfree- è la sostituzione della plastica a pari quantità di consumo con derivati della cellulosa o bioplastiche che aumenterà il consumo di risorse e non andrà certamente a ridurre l’impatto ambientale causato dal modello economico usa e getta. Gli errori compiuti in passato, anche a livello di commissione europea come la direttiva biocarburanti, dovrebbero averci insegnato ad avere una visione sistemica sul consumo di risorse senza doverci trovare tra 20 o 30 anni a piangere su danni ormai irreparabili causati da pratiche dannose come l’impiego di olio di palma come carburante.
I sacchetti leggeri rappresentano uno dei dieci prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa che la Commissione Europea vuole eliminare, ridurre o sostituire e che sono pertanto oggetto di una bozza di direttiva denominata SUP (single use plastics). Il ministro all’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato, in più occasioni, di voler anticipare in Italia i contenuti della proposta di direttiva SUP , e di essere al lavoro su una proposta di legge mirata alla riduzione del marine litter, da presentare entro la fine dell’estate. Ci auguriamo che la maggiore concertazione con gli stakeholder rispetto al passato, che il ministro parrebbe avere sposato, prevenga l’emanazione di misure che si limitino a bandire i prodotti monouso in plastica senza valutare gli impatti diretti e indiretti del ciclo di vita delle opzioni alternative, inclusa quella del fine vita. Non basta che i cittadini sappiano riconoscere da un simbolo se un contenitore, bottiglia, stoviglia sia “tecnicamente” compostabile o riciclabile se poi i sistemi di raccolta, selezione e impiantistica su tutto il nostro territorio nazionale non sono in grado di “metabolizzare” questi manufatti. Vedi il caso della bio bottiglia in PLA della nota marca di acqua minerale che crea problemi sia quando conferita con l’umido che con la plastica.
Molto interessanti, pertanto, le dichiarazioni di Costa raccolte dai media che vanno nella direzione di adottare misure legislative che, attraverso leve fiscali, rendano conveniente per i produttori immettere sul mercato prodotti con imballaggi ridotti o sfusi e di incentivare nei consumatori il ricorso a contenitori riutilizzabili. In linea peraltro con i punti 8-10 della proposta di direttiva SUP.
OLANDA E BELGIO : AVANTI CON LE SPERIMENTAZIONI
Nonostante nei reparti ortofrutta di altri paesi europei non sia obbligatorio l’uso di guanti e non sia vietato acquistare con propri contenitori, l’adozione di sacchetti ortofrutta e contenitori riutilizzabili è al momento estremamente limitata.
Questo perché, per spingere quantità importanti di acquirenti ad abbandonare il consumo usa e getta servirebbero incentivi e soluzioni facilmente adottabili in ogni negozio e supermercato sotto casa. Per questo motivo dal 2010 chiediamo alla GDO italiana di mettere a disposizione contenitori riutilizzabili come potete leggere qui e qui con l’iniziativa meno rifiuti più risorse.
Dallo scorso anno alcune insegne in Germania, Francia, Austria hanno cominciato a sperimentare l’adozione di sacchetti riutilizzabili nel reparto ortofrutta proprio in previsione di un giro di vite da parte della commissione europea sui sacchetti leggeri e ultraleggeri.
Albert Heijn, come annunciato lo scorso maggio è partito in Olanda questa estate con un pilota in dieci negozi per testare le migliori alternative allo scopo di sostituire i circa 170 milioni di sacchetti ortofrutta che i suoi clienti utilizzano ogni anno. I sacchetti riutilizzabili di AH (simili a quelli di Lidl) vengono messi in vendita in una confezione da due pezzi a 69 centesimi di euro. Possono essere utilizzati, come si legge sulla confezione, sia per l’acquisto di ortofrutta che pane.
Anche la catena belga Delhaize -che dal 2016 si è fusa con Albert Hijn dando vita al gruppo Ahold – aveva annunciato , sempre a maggio, di voler eliminare i sacchetti ortofrutta.
Delhaize conta, a partire da ottobre di sostituire gli 80 milioni di sacchetti sottili distribuiti in Belgio ogni anno con sacchetti in carta o con sacchetti riutilizzabili in cotone biologico al prezzo di circa mezzo euro.
Per quanto riguarda il Belgio i sacchetti in plastica sono vietati in Vallonia dal gennaio 2018 e da settembre nella regione di Bruxelles. Non è invece ancora in vigore nelle Fiandre un divieto simile ma il portavoce di Delhaize, Roel Dekelver, ha affermato di volere unificare le politiche aziendali in modo da contribuire ad una riduzione dei rifiuti in tutto il Belgio.
Delhaize ha messo in campo altre misure per ridurre gli imballaggi in plastica. Ad esempio, l’ortofrutta biologica che per legge deve essere distinguibile dall’offerta non biologica, non viene più confezionata nella plastica, ma contraddistinta da un bollino applicato sui prodotti.
Poi siccome da Carrefour si possono acquistare diversi alimenti con propri contenitori Dekelver ha confermato che la pratica sarà possibile anche nei punti vendita di Delhaize.
IL CASO DI LIDL OLANDA
Lidl Olanda, come si può leggere alla pagina del suo sito dedicata alle iniziative di riduzione degli imballaggi in plastica e alla promozione del suo sacchetto ortofrutta Little Green Bag, distribuisce ogni anno 60 milioni di sacchetti.
Questa iniziativa è parte di un impegno più ampio di Lidl rispetto alla plastica usa e getta che prevede di raggiungere entro il 2025 un 25% di riduzione nell’utilizzo complessivo di plastiche, anche come articoli usa e getta nei prodotti a marca propria. Al 2025 tutti gli imballaggi impiegati dall’insegna dovranno poi essere riciclabili. Le bottiglie di bevande a marca propria di Lidl contengono già un 60% di plastica riciclata grazie al sistema di deposito su cauzione per le bottiglie che l’insegna gestisce in proprio.
Tra le altre politiche ambientali della catena entro fine anno verrà completata la conversione energetica di tutti i 420 punti vendita, dal gas metano all’utilizzo di energie rinnovabili come il riscaldamento con pompe di calore.
Infine anche la vendita di sigarette verrà gradualmente ridotta sino a venire eliminata in tutti i punti vendita entro il 2022.