Il difficile mestiere di un “responsabile d’area”

Lavoro in una grande impresa nazionale; svolgo un ruolo di responsabile d’area, da poco più di un anno. E’ una ditta “storica”, anche se la gestione un po’ “allegra” di qualche anno addietro ha lasciato molte difficoltà. Non siamo falliti, per ora, ma l’aria è pesante. E’ una ditta molto radicata sul territorio: nel tempo ha costituito molte strutture intermedie, dal centro alla periferia, fino ad arrivare ad avere più di 8000 sedi locali, alcune molto piccole. Le ha tenute e sostenuto, ritenendo in questa maniera, di essere più vicino al cliente finale.

Ora, mi confido con voi, chiedendovi di mantenere un certo riserbo. La governance dell’impresa la capisco poco negli ultimi anni. I vari capi che si sono succeduti (c’è trambusto nella sede centrale) hanno tagliato la redistribuzione degli utili alle sedi locali in maniera forte. Per capirci, alla “mia” sede, che è proprio piccola, hanno tolto quasi 400.000 euro negli ultimi quattro anni (quasi il 20% del mio fatturato, che è quasi tutto di stipendi e spese fisse).

E questo, se volete, lo capisco. Ciò che proprio non capisco è il modo: la ditta vuole, è una prassi consolidata da sempre, che entro il 1 gennaio io gli dica come faccio a spendere i soldi. Solo che, per farvi l’esempio di quest’anno, ad oggi non mi ha ancora comunicato esattamente quello che ci farà arrivare dalla sede centrale. Nel frattempo io sto spendendo e ricevendo, ma se sbaglio?

C’è però una stranezza: abbiamo messo da parte negli anni, io e i responsabili d’area precedenti, un gruzzoletto di più di 300.000 euro, che il capo centrale non vuole che usi. (Avete notato anche voi che è più o meno quello che mi hanno tolto negli anni? Pensate, se me lo lasciassero usare non dovrei chiedere ai clienti di pagare di più il prodotto, non dovrei tagliare i servizi).

Gli ho spiegato in tutte le maniere che così rischio di non pagare i dipendenti, che dovrò tagliare sui servizi che diamo al cliente che si arrabbierà, che non posso pagare la corrente della sede. Niente: tante volte non mi risponde, altre dice che ha fatto un patto con un’impresa collegata in Europa e che questi tanti piccoli risparmi servono per spiegare alla collegata che siamo affidabili. Quando è in vena di furbizie, dice che me lo lascia usare, ma poi alla ditta intermedia mettono anche loro qualche vincolo e non se ne fa più niente.

Mi accorgo che passo buona parte del mio tempo di responsabile d’area a trovare degli escamotage, tutti leciti ovviamente, per aggirare questi vincoli centrali. Il resto delle mie giornate lavorative lo trascorro ad accogliere clienti stanchi, arrabbiati con la ditta, affranti.

Qualche periodo fa ho provato a chiedergli di lasciarmi usare il gruzzoletto per costruire un piccolo progetto, sostenibile, che rendeva felici i miei clienti, con il quale riuscivo perfino ad aumentare il gruzzoletto. Niente da fare, ancora non ho capito il perché. Patto di stabilità, l’hanno chiamato in qualche circolare

Certo, forse “i grandi capi” dovrebbero decidersi a chiuderla, questa e tante altre piccole sedi. Così ci stanno facendo morire di fame, i clienti sono sempre più arrabbiati e loro non rispondono, mentre io e gli altri piccoli responsabili d’area la faccia dobbiamo metterla tutti i giorni.

Paolo Erba, Sindaco di Malegno (BS) e membro del Direttivo nazionale dei Comuni Virtuosi