La sovrapproduzione alimentare è il problema, più che i rifiuti alimentari

SPRECO DI CIBO SINTOMO DI UNA PRODUZIONE ECCESSIVA
E se invece lo spreco di cibo non fosse il problema ma il sintomo di una sovrapproduzione alimentare ? Se così fosse non sarebbe possibile apportare reali cambiamenti in termine di riduzione sino a quando non si governerà l’intero sistema e a partire dalla fase produttiva. Le iniziative che si stanno attuando sono di fatto prevalentamente ex post poiché affrontano un effetto collaterale senza intervenire sulla causa del problema. Con la stessa modalità predominante che adottiamo nella gestione complessiva dei rifiuti, purtroppo.
Questo interrogativo è stato sollevato qualche tempo fa da Joris Lohman di Slow Food Olanda in un suo articolo apparso nella sezione ambiente del media olandese Trouw. Lohman ha ripreso nel suo post i contenuti di un articolo circonstanziato e ricco di referenze bibliografiche scritto dal Dr. Jonathan Latham lo scorso anno e pubblicato su Independent News Science.
L’articolo suggerisce che è la sovrapproduzione che ha minacciato ad oggi l’approvvigionamento di cibo, assorbendo inutilmente troppe risorse per poi sprecarle.  Contrariamente a quanto viene spesso affermato, non è vero che non ci sia abbastanza cibo. L’India ha cibo in abbondanza così come non manca il cibo in Sud America. Negli Stati Uniti, Australia ed Europa, non c’è mai stato così tanto cibo. Anche se la Cina dove impegnarsi per sfamare i suoi abitanti è pur sempre in grado di esportare cibo. Anche gli esperti della  World Food Bank arrivano alla conclusione che viene attualmente prodotto  abbastanza cibo per sfamare 14 miliardi di personemolto, molto di più di quanto sia necessario. Le conseguenze di questa produzione alimentare eccessiva sono il crollo dei prezzi che rimangono bassi, il cibo che conseguentemente perde valore e mette in piedi un sistema che produce spreco.

SERVE PIU’ CIBO ?
Abbiamo bisogno di produrre più cibo”  secondo Latham è una mistificazione concepita e mantenuta in vita dal settore dell’agro-industria e delle imprese collegate. Latham suggerisce di fare una ricerca sui siti aziendali e sul web per trovare la conferma di come le stesse affermazioni vengano ripetute come un mantra nelle comunicazioni da parte degli addetti alle PR delle maggiori aziende del settore. Latham rileva come questa strategia comunicativa basata sullo spauracchio della crisi alimentare sia funzionale ed efficace rispetto all’obiettivo: di far credere cioè all’opinione pubblica e ai governi che sia necessario più cibo per combattere la fame nel mondo, e che siano soprattutto le grandi aziende alimentari in grado di fornire le quantità necessarie al miglior prezzo.
Questa tattica ha il supporto delle multinazionali della chimica e del settore degli OGM che hanno evidenti interessi che venga fatto un uso massiccio di pesticidi e OGM. Le conseguenza sono da tempo evidenti nei paesi in via di sviluppo: piccoli coltivatori ridotti alla fame che fuggono dai campi, spesso convertiti in colture per biocarburanti, per riversarsi nelle periferie fatiscenti delle città. In Europa e anche in Italia con l’uscita del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque di ISPRA ci si sta rendendo conto di quale sia il costo ambientale e sanitario dell’uso massiccio di pesticidi e diserbanti.  Le acque italiane sono contaminate oltre i limiti da una quantità crescente di pesticidi a base di sostanze pericolose come il glifosato.

Anche se il progetto di industrializzazione della produzione alimentare globale non è ancora  completato, sempre secondo Latham, gli effetti causati ad oggi ad un pianeta minacciato dal riscaldamento climatico che deve ridurre drasticamente le sue emissioni di Co2 sono già irreparabili.

Il settore dell’agro-industria è da ritenersi responsabile di diversi misfatti ambientali: della maggior parte della deforestazione, di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra, degrado di fiumi e torrenti, perdita di habitat naturali,  peggioramento dell’inquinamento marino e distruzione della barriera corallina, peggioramento dell’ insicurezza alimentare, enormi problemi di salute per l’uomo. E’ inoltre la maggior causa dello sfruttamento dell’acqua,  dell’emigrazione e così via …. Pertanto, non è esagerato dire che se non si inverte questo processo di industrializzazione agricola il nostro pianeta sarà reso invivibile per gli organismi multicellulari. Per non parlare, oltre alle conseguenze socio-ambientali, dei diversi  miliardi che il settore costa ogni anno, tra sovvenzioni incassate e costi che vengono invece esternalizzati su ambiente e comunità.
Latham si rivolge nell’articolo a tutti i movimenti, organizzazioni e governi che vogliono combattere lo spreco alimentare e vedere il diffondersi un’agricoltura sostenibile, per invitarli ad attivarsi in primis per sfatare questa menzogna.

Quanto sta accadendo in queste settimane nella Regione de Los Lagos in Cile rappresenta un esempio di cosa può causare lo sfruttamento intensivo dei sistemi naturali. La marea rossa che ha ucciso pesci, molluschi, granchi, uccelli e otarie spiaggiati a migliaia sulle coste dell’isola di Chilo pare sia stata causata oltre che  dalle alte temperature del mare portate dal super El Niño, dallo scarico in mare di 9.000 tonnellate di salmone da allevamento in decomposizione». Greenpeace Italia rilancia l’allarme: «In base a quanto emerso nelle prime ore, sembra che gli effetti negativi causati dal settore dell’allevamento del salmone (come ad esempio l’elevata presenza di antibiotici e sostanze chimiche) siano evidenti in questa faccenda. La comunità locale e Greenpeace Cile sono ancora in attesa di una risposta ufficiale e di un piano a lungo termine per uscire da questa crisi».
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