Ma è vero che l’Italia non ha bisogno di un DRS in quanto “eccellenza del riciclo”?

E’ vero che l’Italia non ha bisogno di un DRS per arrivare al 90% di intercettazione dei contenitori per bevande e per beneficiare dei vantaggi apportati dai sistemi cauzionali in termini di massimizzazione del riciclo e della circolarità in quanto già “eccellenza del riciclo”? Una risposta ad ognuna delle quattro obiezione principali che sono circolate in Italia nell’ultimo anno sull’opportunità di avere un DRS anche in Italia.

N.B. Articolo pubblicato precedentemente su Polimerica.it prima del voto sul Regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio avvenuto in plenaria il 22 novembre scorso.

Anche in Italia il dibattito sui media mainstream sulle misure del nuovo Regolamento Imballaggi e rifiuti da imballaggio PPWR è stato catalizzato nell’ultimo anno dall’opposizione agli obiettivi di riuso (art.26) e sulle restrizioni all’utilizzo di alcuni formati di confezionamento (art. 22) a discapito dell’articolo 44 che impone un DRS al 2029 per i Paesi Membri che non raggiungessero nei due anni precedenti il 90% di raccolta per bottiglie in PET e lattine. La nuova formulazione dell’articolo 44 emendato dalla Commissione ENVI – che abbassa la soglia del tasso di raccolta all’85% 44(3)(a) per potere essere esonerati dall’implementazione di un DRS –  viene vista con preoccupazione dal fronte trasversale dei sostenitori del sistema perché creerebbe una confusione che andrebbe a discapito di un’armonizzazione di tali sistemi in Europa, offrendo vie di fuga a Paesi che si oppongono al sistema, con il risultato di ritardare politiche industriali ed investimenti connessi.
Questa nuova formulazione “al ribasso” è oltretutto incompatibile con quanto previsto dalla Direttiva SUP recepita dalle normative nazionali che impone un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per bevande entro il 2029.

Da un’analisi delle uscite stampa e dalle argomentazioni degli ultimi mesi portate nei vari convegni da stakeholder non favorevoli ad un DRS si ritrovano ancora alcune delle obiezioni chiave emerse già un anno fa. Provo qui ad entrare nel merito di tre principali obiezioni sulla base di alcune delle evidenze emerse nello studio commissionato ad Eunomia dalla Campagna “A Buon Rendere” e dei dati più recenti resi disponibili da CONAI sulle performance del sistema Italiano in relazione agli obiettivi della Direttiva SUP.

1) Non abbiamo bisogno di un DRS perché siamo i campioni del riciclo degli imballaggi in plastica

Una delle principali obiezioni all’introduzione anche in Italia di un sistema di deposito cauzionale per l’intercettazione selettiva e l’avvio a riciclo dei contenitori monouso per bevande è che “siamo i campioni del riciclo degli imballaggi in plastica”. Proviamo allora ad analizzare più da vicino i dati di questo “primato”. Nel nuovo Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio – Relazione generale consuntiva 2022 di CONAI vengono forniti per la prima volta i dati “ufficiali” relativi ai tassi di riciclo effettivo dei rifiuti di imballaggio (in plastica ed altri materiali) calcolati secondo la nuova metodologia di calcolo introdotta dalla Decisione (EU) 2019/65 più restrittiva della precedente poiché sposta a valle il punto di misurazione dei quantitativi riciclati, eliminando dal conteggio alcuni scarti industriali legati al trattamento delle plastiche.

Per la filiera della plastica (plastica + bioplastica), i dati forniti nel rapporto sono i seguenti: 47,6% nel 2021 e 48,6% nel 2022. Stando ai dati CONAI, pertanto, la percentuale di riciclo effettivo degli imballaggi in plastica nel 2022 è pari al 48,6% per un totale di 1.122 Kton su un totale di immesso al consumo di 2.308 Kton (2.350 secondo il Rapporto di sostenibilità COREPLA 2022). Complessivamente, quindi, sempre stando ai dati forniti da CONAI/COREPLA, circa 1.200 Kton di imballaggi in plastica (e bioplastica) immessi al consumo in Italia non sono stati riciclati, destinati ad impianti di incenerimento, cementifici, discarica o dispersi nell’ambiente.

Da “avvio a riciclo” a “riciclo effettivo”: una questione di trasparenza
Nel Programma generale di prevenzione prima citato Relazione generale consuntiva 2022, CONAI fornisce anche i dati relativi al 2022 calcolati secondo la vecchia metodologia (avvio a riciclo). Per plastica + bioplastica, il tasso di avvio a riciclo indicato, al lordo delle perdite negli impianti di riciclo prima del “punto di calcolo” stabilito dalla Decisione 2019/655 (1), era pari al 55,1%. Secondo la nuova metodologia si scende di 6,5 punti percentuali che corrispondono a circa 150 mila tonnellate.
CONAI chiarisce che la nuova metodologia di calcolo per la determinazione della %le di riciclo effettivo “si basa su un approccio di computo che prevede il ricorso a rese medie degli impianti finali”. Detto in parole povere, per calcolare il quantitativo di rifiuti di imballaggio che viene effettivamente riciclato, escludendo dal calcolo i quantitativi che, pur essendo stati “avviati ad impianti di riciclo” vengono scartati durante il processo industriale di riciclo, si è fatto ricorso a dati medi relativi alle %le di scarto degli impianti.

Considerato però che la plastica non è un materiale unico ma composta da tanti polimeri diversi selezionati a valle dei CSS o avviati autonomamente a riciclo dalle imprese, le rese medie dovrebbero essere calcolate secondo noi per ogni flusso omogeneo avviato a riciclo. Di fatto il contratto di selezione dei rifiuti di imballaggio in plastica che Corepla, Coripet e Conip hanno in essere con gli impianti di selezione (CSS) prevede la selezione e lo stoccaggio da parte del CSS di 11 Prodotti obbligatori ed eventuali Prodotti integrativi, oltre a diverse tipologie di plasmix ( plastiche miste rigide e/o flessibili). Ognuno di questi flussi, oltre al plasmix che in parte viene avviato a riciclo, ai rifiuti avviati a riciclo autonomamente dalla imprese e alle bioplastiche compostabili, dovrebbe avere una sua specifica resa media.

Volendo capire come si è arrivati al dato medio del 48,6 % di riciclo effettivo non si trovano però informazioni degne di nota sui numeri di partenza e sulla metodologia di calcolo, e in particolare, sulle “rese medie degli impianti finali” ovvero sugli scarti degli impianti di destinazione dei rifiuti “avviati a riciclo”. Mi riferisco alle 8 diverse categorie di prodotti (vedi figura) selezionati nei CSS, oltre alle diverse tipologie di plasmix, ai flussi avviati a riciclo autonomamente dalle imprese, ai flussi avviati a riciclo all’estero e al flusso relativo agli imballaggi compostabili raccolti insieme alla frazione organica e destinati ad impianti di compostaggio, digestione anaerobica e impianti integrati.

Gli audit compiuti sul campo per verificare se le medie utilizzate per il computo della percentuale di riciclo effettivo siano realistiche parrebbero essere solamente tre: due per gli imballaggi in plastica tradizionale e uno per gli imballaggi compostabili.

Il caso studio Emilia-Romagna versus le performances di raccolta/riciclo nazionali

Se consideriamo che in Emilia-Romagna, regione che presenta performances di gestione dei rifiuti superiori alla media nazionale come vedremo, il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica nel 2019 stimato nell’ambito della campagna “Chi li ha visti?”si attestava a meno della metà (23%).

Tabella nr.7 – Pag. 41

Aggiornamento 21 Dicembre 2023 ER

Dal recente rapporto sui rifiuti urbani e speciali 2023 della regione Emilia-Romagna emerge che il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è salito in 3 anni di 2 punti percentuali, attestandosi al 25%. In pratica oltre 23 punti percentuali in meno rispetto al 48.6% fornito da CONAI a fronte di una media nazionale di RD pari al 65,2% (Anno 2022).

Se consideriamo che la raccolta differenziata della regione ER nel 2022 era al 74% – contro una media nazionale del 65,2% (Rapporto ISPRA rifiuti urbani 2023) – questo divario andrebbe spiegato e sarebbero necessarie verifiche simili in tutte le regioni italiane.

Se volessimo infatti intervenire a livello nazionale e locale con i necessari correttivi – in modo da raggiungere obiettivi europei e nazionali – è innegabile che si debba partire da dati verificabili e affidabili, un’opzione che rende necessario avere a disposizione i numeri analitici e le metodologie di calcolo adottate che sono alla base dei numeri finali.

Va notato che l’obiettivo sul tasso di riciclo come obiettivo da raggiungere al 2022 era pari al 32% mentre dalla tabella a seguire risulta posticipato al 2027. Segue>>

 

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