Plastica: anche per gli imballaggi la sostenibilità non può attendere

Il mercato degli imballaggi di plastica è in crescita con stime che indicano un raddoppio dei volumi di vendita attuali entro i 15 anni e una loro quadruplicazione al 2050 con 318 milioni di tonnellate immesse al consumo (un po’ di più della produzione complessiva dell’intera industria plastica del 2014 pari a 311 milioni di tonnellate).
Nel 2013 sono state immesse nel mercato globale 78 milioni di tonnellate di packaging in plastica per un valore pari a 260 miliardi di dollari. Di quelle 78 milioni di tonnellate di packaging il 72% non è stato recuperato, il 40% è finito in discarica e il 32% è sfuggito ai sistemi di raccolta “legali”. La percentuale media di riciclo del packaging immesso al consumo è pari al 14% e equivale alla percentuale che è andata ad incenerimento: il 14% .

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Anche considerando il caso di maggior successo riferito al PET, la plastica più pregiata e maggiormente riciclata, si potrà rilevare che quasi la metà non viene raccolta per essere riciclata e solamente il 7% delle bottiglie di PET immesse al consumo viene trasformato in altre bottiglie: bottle to bottle. Anche in Italia si registra una situazione simile come ha reso noto il consorzio Coripet. Solamenti i paesi che hanno il vigore il deposito su cauzione possono contare su una restituzione dei vuoti che può andare anche oltre al 90% dell’immesso al consumo per produrre altre bottiglie.
In questo post vogliamo soprattutto prendere spunto dalle prime aree di intervento che il rapporto ha identificato come punti di partenza per un’azione globale.
Il primo passo consiste nello stabilire il più alto livello di collaborazione possibile da tutti i soggetti che formano la catena del valore della filiera della plastica a livello internazionale, che possono pertanto fornire un pezzo di soluzione. Quindi governi nazionali e locali, NGO, industria dei beni di largo consumo, produttori di packaging e di altri beni perché sono questi ultimi soggetti citati che giocano un ruolo critico nel determinare quanto viene immesso al consumo. Per guidare questo ripensamento del sistema economico attuale gli autori del rapporto suggeriscono la creazione di un coordinamento indipendente che possa definire una tabella di marcia, stabilire standard, metriche e sistemi comuni  ai quali fare riferimento, e infine promuovere le opportunità di innovazione a livelli di economia di scala.

Il primo compito di questo organismo indipendente è lavorare all’adozione di standard di riferimento globali per la progettazione dei manufatti in plastica in modo che siano compatibili/allineati come caratteristiche con i sistemi di gestione del loro fine vita. L’innovazione continua dei prodotti di largo consumo e del packaging si contrappone a dei sistemi di gestione dei rifiuti e di impiantistica che non sono altrettanto dinamici e variano da paese a paese. L’iniziativa deve obbligatoriamente coinvolgere tutto il mondo industriale ( produttori di plastica e packaging, aziende di marca, retailers e aziende che si occupano di raccolta, selezione e riciclo degli imballaggi) in modo che,  anche sulla base delle linee guida all’ecodesign già esistenti si arrivi a sviluppare standard e metriche comuni che migliorino la circolarità dei flussi di materiale.

Semplificando nel ridisegnare le linee guida del sistema si dovrebbe, sulla base della situazione attuale, valutare quali benefici economici potrebbero scaturire se attuassimo :

  • un significativo restringimento delle attuali e diverse opzioni di combinazione di materiali eterogenei (abbinamenti tra diverse plastiche o altri materiali come carta alluminio) e di utilizzo di additivi;  (vedi mossa nr. 3)
  • una possibile eliminazioni di quelle piccole componenti/accessori del packaging che si rivelano un problema a fine vita e possono più facilmente finire nell’ambiente; (vedi mossa nr.2)
  • un’armonizzazione dei vari sistemi di etichettatura e indicazione dei componenti chimici allineata ai sistemi standard di gestione degli imballaggi utilizzati per la separazione e la selezione degli imballaggi;
  • una riprogettazione degli impianti e dei sistemi spesso frutto di progetti nati in modo frammentato a livello municipale o regionale in modo da rendere possibili l’ottimizzazione e il raggiungimento di  economie di scala nella gestione dei flussi di imballaggio.

Tra le indicazioni del rapporto su come entrare in azione , davvero troppe per effettuare anche solamente una sintesi, non mancano la realizzazione di progetti pilota su larga scala aperti all’innovazione continua (e alle necessarie variazioni richieste dai contesti locali), e alcuni suggerimenti su come coinvolgere i decisori politici nello sviluppo di una visione comune per un modello economico più efficace. A tal proposito viene suggerito di fornire ai policy makers un toolkit che contenga una metodologia strutturata  per la valutazione delle opportunità, delle barriere e delle opzioni politiche per superarle in una transizione verso una nuova economia per la plastica. Spetta infatti alla politica giocare un ruolo chiave per l’EC attraverso legislazioni mirate e incentivanti.
Le aziende leader, il mondo accademico e gli innovatori vengono invitati dal report a riunirsi per sviluppare “moonshot innovations” e iniziative capaci di avere un significativo impatto su grande scala. Per citare solamente alcune delle aree di ricerca proposte:  sviluppo di materiali compositi che possono essere riprocessati come gli adesivi reversibili che si ispirano alla biomimetica; la ricerca di super polimeri   che abbiano la funzionalità di quelli attuali ma un grado superiore di riciclabilità; sviluppo di tecnologie avanzate di riciclo chimico, ecc
Questo rapporto però- come avvertono gli autori- si propone di fornire le risposte iniziali. E’ necessario  produrre nuovi studi per ottenere ulteriore evidenza scientifica e di impatto economico, perché molti degli aspetti fondamentali che caratterizzano i flussi di materiale plastico e la loro economia sono ancora poco conosciuti. Servirebbero quindi: ulteriore ricerche che indaghino più in dettaglio i vantaggi economici e ambientali delle soluzioni discusse nel rapporto; la produzione di meta-analisi e ricerche mirate a valutare l’impatto socio-economico causato dai rifiuti plastici e sostanze potenzialmente pericolose negli oceani (rischi ed esternalità incluse); valutazioni della potenzialità di passare a scala industriale nella produzione di materie plastiche a partire dall’impiego di gas serra come materia prima, ecc.

AGGIORNAMENTO SUL PROGRAMMA THE NEW PLASTICS ECONOMY

Pubblicato il piano di azione  “The New Plastics Economy: Catalising Action”, redatto in collaborazione con alcuni dei principali player di settore come Unilever, Coca Cola, Pepsy Cola, Danone, presentato nel gennaio 2017 durante l’annuale meeting del World Economic Forum di Davos. Il nostro primo approfondimento sul piano si può leggere qui.

Leggi anche sul tema : SERR 2016: prevenzione e ecoinnovazione per un imballaggio circolare

Deposito su cauzione:

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Deposito su cauzione = economia circolare
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Posticipato nelle Fiandre l’introduzione del deposito su cauzione
Uno a zero per il fronte ambientalista, in Olanda

 

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