Starbucks: il Santo Graal esiste da sempre e si chiama riuso

Lo stop al riuso imposto dalla pandemia

All’inizio della pandemia, quando si temeva che il coronavirus potesse diffondersi facilmente tramite contatto con le superfici, Starbucks aveva vietato ai clienti di portare le proprie tazze. L’opzione è stata riattivata e ora la catena sta provando a renderla più attraente.

Stiamo testando un incentivo per la tazza personale che salirà da dove è oggi – da 10 centesimi a 50 centesimi“, ha dichiarato Landers. “Stiamo anche per testare un sovrapprezzo/tassa sulle tazze usa e getta (…) Sappiamo che anche i più ardenti clienti sostenitori della sostenibilità non cambiano facilmente il loro comportamento. Anche se vorrebbero davvero farlo“.

Lo stato dei lavori chez Starbucks

Ci sono alcuni ostacoli da risolvere con l’opzione dello sconto per quanto riguarda le ordinazioni anticipate online o l’utilizzo del drive-thru, opzioni che dalla pandemia sono diventate molto più adottate. Secondo il Chief Financial Officer di Starbucks Rachel Ruggeri queste due opzioni insieme rappresentano circa il 70% delle vendite nei negozi americani. Questo significa che per raggiungere l’obiettivo di zero tazze usa e getta, Starbucks deve trovare il modo di gestire l’operatività di questi processi per cui ci sono si delle opzioni, ma che vanno attuate senza pesare sugli addetti che spesso devono fare i conti con ordinazioni complesse da preparare velocemente. Starbucks sta anche testando le stazioni di lavaggio delle tazze nei negozi.

Insomma un fermento comprensibile quanto necessario per arrivare alla migliore operatività possibile. Un processo che può procedere speditamente perché ci sono ormai migliaia di esperienze di riuso operative da cui trarre insegnamenti ed ispirazione. Iniziative che non coinvolgono solamente piccoli operatori della ristorazione, ma catene internazionali del Fast Food come: McDonald, Burger King e Tim Hortons. Si tratta di brand che hanno avviato delle partnership con #Loop in alcune località in cui sono anche previsti punti di consegna automatizzati: per restituire le tazze usate e per ricevere indietro la cauzione versata al momento dell’acquisto della bevanda.

Regolamentazioni igieniche eccessive non possono bloccare la transizione ecologica dal monouso al riuso in Italia

La pandemia e le remore di ordine igienico sanitario devono arrivare ad una risoluzione. Durante la pandemia nel Regno Unito e non solo le varie catene hanno applicato varie formule derivate dalla metodologia “Contactless coffee” applicata con successo dalla catena Tea Boston Party (e non solo) che potrebbe, se ci fosse la volontà, superare qualunque test sulla sicurezza alimentale della più intransigente ASL italiana. E’ ora che i referenti del nostri ministeri della salute Mise e Mite redigano e pubblichino delle linee guida chiare a regolamentare l’uso di contenitori riutilizzabile per l’asporto, un settore che sta esplodendo regalandoci montagne di rifiuti.

L’iniziativa #ContactlessCoffee è nata infatti dalla necessità di superare le barriere imposte dalla legislazione nella consapevolezza delle dimensioni del problema che abbiamo: secondo un recente studio di Science, ogni anno a livello globale 250-300 miliardi di tazze monouso finiscono smaltite o abbandonate nell’ambiente.

Uno sguardo in Europa

Le ultime legislazioni ambientali di paesi come Germania, Francia e Spagna hanno già previsto misure per ridurre l’impatto del settore da asporto che con il periodo pandemico è esploso in paesi dove non era una consuetudine radicata, tra cui l’Italia. In Germania dal 2023 i ristoranti, bistrot e caffetterie che offrono bevande e cibo da asporto dovranno attrezzarsi per poter vendere ai clienti i loro prodotti anche in contenitori riutilizzabili e farsi carico del loro recupero anche nelle consegne a domicilio. Persino alla Cop26 di Glasgow hanno fatto la loro comparsa tazze riutilizzabili fotografate in mano al presidente degli USA Biden, e a Obama.

La direttiva SUP prevede oltretutto una riduzione dei bicchieri/tazze monouso e contenitori per cibo da asporto in plastica, perché non portarsi avanti con il lavoro senza indugi e mettere in atto una reale transizione ecologica dei nostri consumi ?

Dobbiamo affrontare sfide epiche come quella ambientale, climatica e sanitaria, non possiamo perderci in un bicchiere d’acqua, o caffè che sia!

PS. Per raccontare quante iniziative parte di questa rivoluzione del riuso che avanza (soprattutto fuori dall’Italia ma che può e deve interessare anche il nostro paese) ho curato qualche tempo fa uno speciale sui sistemi di riuso per Economia Circolare.com.

 

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