Verso un riutilizzo totale dei materiali da costruzione e demolizione

I rifiuti speciali prodotti in Italia come sottolinea l’Ispra nel suo rapporto 2016 –con dati riferiti al 2014- sono oltre quattro volte superiori a quelli urbani. Nel 2014 a fronte di circa 130,6 milioni di tonnellate di speciali (erano 124,4 nel 2013, +6,2%), suddivisi in 121,7 milioni di tonnellate di non pericolosi e 8,8 di pericolosi.
Tra il 2013 e 2014 si è registrato «un consistente aumento nella produzione totale» dei rifiuti , pari al +5%.». Ai settori dei rifiuti delle costruzioni e demolizioni C&D è imputabile la produzione del 39,7% del totale riferito ai rifiuti speciali. Si tratta di un flusso di rifiuti che comprende molti materiali: dal cemento armato ai mattoni, dai telai delle finestre ai vetri, dai cavi del circuito elettrico alle tubazioni, dalle ceramiche all’asfalto.
In Europa il settore C&D costituisce circa un terzo dei rifiuti speciali che sono stimati in 820 milioni di tonnellate. Mentre l’Italia su quasi 40 milioni di tonnellate di rifiuti inerti ha una capacità di recupero che sfiora a mala pena il 10% (dato Uepgi) ci sono paesi che hanno superato l’obiettivo europeo del 70% di riciclo al 2020 previsto dalla Direttiva 2008/98/CE. Al primo posto c’è l’Olanda che riutilizza il 90% di questi rifiuti e a seguire il Belgio e la Germania con rispettivamente l’87% e l’86,3%.

Legambiente nel suo secondo Rapporto dell’Osservatorio Recycle dello scorso giugno ribadisce che oggi non esistono più motivi tecnici, prestazionali o economici che possano essere utilizzati come scuse per non utilizzare materiali provenienti da riciclo nelle costruzioni. Le esperienze raccontate nel Rapporto descrivono cantieri e capitolati dove queste innovazioni sono già state portate avanti con successo. Per spingere questo scenario il rapporto bisogna superare le barriere tecniche e giuridiche, di informazione che ancora rallentano l’utilizzo di materiali provenienti dal recupero in Italia. Allo stesso tempo bisogna agire sui regolamenti edilizi e a livello normativo per accompagnare il raggiungimento degli obiettivi nell’uso dei materiali fino al target del 70%. Secondo i dati raccolti da Legambiente e riferiti al 2012, ci sono circa 6.000 cave attive (e 17.000 dismesse). Ferite che non vengono fatte rimarginare perché fruttano un miliardo di euro a un prezzo ambientale molto alto: 80 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia, 31,6 milioni di metri cubi di calcare e oltre 8,6 milioni di metri cubi di pietre ornamentali estratti ogni anno.

REPURPOSE : un progetto olandese per favorire un upcycle dei rifiuti da C&D

Particolarmente significativo è il caso dei Paesi Bassi. L’Olanda, pur non avendo un sistema collettivo per i C&D, da trent’anni regola il settore in modo stringente grazie a una combinazione di leggi e accordi tra governo e parti sociali. È stato proibito – tutte le volte in cui è possibile il riuso, il riciclo o il recupero energetico – lo smaltimento in discarica di combustibili, rifiuti biodegradabili e rifiuti C&D. Vietato anche portare in discarica i rifiuti indifferenziati. Queste regole hanno facilitato la creazione di impianti per il recupero dei materiali che prima venivano indirizzati verso la discarica, materiali da cui ora si ricavano legno, metalli, materie plastiche, inerti. È stato così ottenuto un alto livello di riciclo per: asfalto; legno; vetro piano (esiste un sistema di raccolta); finestre in pvc (esiste un sistema di raccolta); gesso (un accordo di programma governo-industria punta a dare all’Olanda il primato nel riciclo del gesso). In questo modo l’Olanda mettendo in piedi per motivi ambientali un monitoraggio accurato del flusso di rifiuti provenienti dal settore edilizio ha scoperto di produrre 81 milioni di tonnellate da C&D e ha imparato a gestirli bene. (1)

Il settore delle costruzioni assorbe in Olanda più della metà della quantità totale dei materiali impiegati. Pertanto il nuovo obiettivo mira a ridurre drasticamente il consumo di materie prime naturali attraverso un impiego maggiormente circolare di questi materiali. Attualmente i rifiuti generati durante le operazioni di costruzione e demolizione vengono sì recuperati al 90%, come abbiamo visto, ma si tratta di applicazioni di basso livello: come sottofondazione stradale o come materiale di riempimento nelle opere di ingegneria idraulica e civile. Per dare un contributo a questo cambio di rotta è nato due anni fa Repurpose ,un progetto che fornisce consulenza sulle possibilità di riutilizzo di questi materiali a architetti, costruttori e ai loro clienti. Repurpose ha creato una rete che conta ora circa 200 imprese e che ha all’attivo oltre dieci progetti avviati. Il progetto e il suo sito sulla base di queste esperienze è in continua evoluzione.

La piattaforma on-line

Il sito rende possibile la ricerca l’acquisto e la vendita di tutti i materiali che si rendono disponibili da una demolizione e che possono essere impiegati in un progetto di costruzione pianificando le azioni prima che i lavori abbiano inizio. La piattaforma favorisce il riutilizzo in due modalità:

– compravendita di materiale che assolve alla funzione originaria nel secondo utilizzo
– compravendita di materiale che trova un diverso impiego.

Ad esempio lastre di granito utilizzate come davanzali possono servire per pavimentazioni, oppure ex porte possono diventare pareti divisorie come nel progetto raffigurato nella foto. Si tratta della ristrutturazione di un edificio vicino ad Utrecht trasformato da magazzino farmaceutico a sede di uffici e spazi in co-working per aziende e start-up.

vechtclub_resultaat

L’obiettivo a lungo termine di Repurpose è quello di aumentare di un 5% l’indice di riutilizzo dei materiali di costruzione attuale riducendo i costi di approvvigionamento delle materie prime. L’impiego di materiali riciclati infatti non riduce solamente il consumo di materie prime ma per alcuni materiali ne riduce notevolmente il costo. Ad esempio quando una pavimentazione da esterno in porfido o pietra viene smontata e rimontata.

Anche se attualmente trovare le offerte tramite la piattaforma è facile c’è ancora molto da fare per spingere questo modello di business. C’è una certa riluttanza da parte degli acquirenti nel ricorrere al riutilizzo dei materiali quando sono in gioco appalti importanti per il maggiore rischio percepito rispetto ad approvvigionamenti convenzionali.  Servirebbe pertanto per questo ed altri progetti legati ai modelli di business circolari  l’introduzione di una fiscalità ecologica che sposti il carico fiscale dal lavoro al consumo delle risorse (materiali ed energetiche ) e alla produzione di emissioni climalteranti e inquinamento. Il progetto La regione metropolitana produce enormi flussi di rifiuti che non vengono valorizzati al meglio, soprattutto quando si considerano quelli industriali.
Dovendo stabilire delle priorità nell’approccio di tali flussi è naturale iniziare con i rifiuti urbani che presentano grandi volumi e potenziale per un riciclo di qualità superiore riducendo così il loro impatto negativo sull’ambiente.

Nel piano per lo sviluppo di un’economia circolare che l’Amsterdam Economic Board ha tracciato per la regione metropolitana di Amsterdam (in progress)  i rifiuti da costruzione e demolizione e C&D  rappresentano uno dei nove flussi di materiali che saranno oggetto di intervento. Il settore delle  C&D rappresenta il 40% dei rifiuti complessivi prodotti ad Amsterdam che secondo il piano possono essere gestiti entro i confini del Comune. Applicando una gestione circolare di questo flusso si possono ottenere benefici economici complessivi pari ad 85 milioni di euro all’anno e 700 nuovi posti di lavoro nella sola Amsterdam per soggetti che hanno un basso livello di scolarizzazione. Come abbiamo raccontato per il caso di Amsterdam  è evidente che è il committente (pubblico e privato) in primis a giocare un ruolo cruciale nell’intercettare questo flusso inserendo il parametro della circolarità nelle politiche di acquisto. Essenziale diventa anche la collaborazione delle autorità locali quando un’azienda edile vuole demolire con modalità circolari (per un recupero selettivo e di valore dei materiali) sia per reperire siti idonei per lo stoccaggio provvisorio dei materiali che per l’implementazione di un database digitale sul modello di Repurpose o di altro sistema che metta in contatto la domanda e l’offerta.

E’ uscita recentemente in inglese la pubblicazione Circularity in the Built Environment che vuole essere una fonte di ispirazione per architetti e designer, suggerire agli urbanisti opportunità di collaborazione e dimostrare con esempi concreti (12 casi studio) possibili applicazioni di economia circolare. Gli esempi vanno dalla progettazione alla costruzione, agli allestimenti finalizzati al riutilizzo.

(1) Tratto da; Materia Rinnovata Quanto è circolare l’economia: l’Italia alla sfida dei dati– (pag.13) scaricabile gratuitamente a questo link