Sulla plastica progressi troppo lenti. Il report della Ellen MacArthur Foundation

A 5 anni dal lancio del Global Commitment, la più grande iniziativa volontaria per ridurre i rifiuti plastici, i risultati delle imprese aderenti sono migliori delle concorrenti ma ancora insufficienti. Per l’EMAF servono anche misure giuridicamente vincolanti. E cresce l’attesa per il Trattato globale in discussione a Nairobi

Silvia Ricci pubblicato su EconomiaCircolare.com

La Ellen MacArthur Foundation (EMAF) ha pubblicato i  ‘The Global Commitment Five Years In: Perspective On Progress’  un rapporto sullo stato di avanzamento dei primi cinque anni dell’iniziativa Global Commitment (GC) sulla plastica lanciata nel 2018 per porre un freno all’inquinamento da plastica attraverso un  “Impegno Globale” costruito da una serie di obiettivi e standard progettati per promuovere un’economia circolare. Hanno aderito oltre 1000 firmatari tra i quali oltre 250 aziende (20% della catena del valore degli imballaggi plastici, 55 governi, oltre 200 organizzazioni globali e altre afferenti agli 11 Plastic Pact Globali. (ora scesi a 10 perché l’European Plastic Pact firmato dall’Italia non è mai stato avviato nella pratica è stato concluso un po’ in sordina).   

Gli obiettivi chiave del GC includono l’eliminazione di imballaggi non necessari che si traducono a fine vita problematici da riciclare, la riconversione ove possibile dal packaging monouso al riutilizzabile, la riduzione dell’uso di plastica vergine, l‘aumento del contenuto da riciclo e la garanzia che tutti gli imballaggi siano riciclabili, riutilizzabili o compostabili al 2025.

Il rapporto mostra che, nonostante alcuni progressi su alcune aree di intervento come un maggior impiego di contenuto riciclato e una riduzione nell’utilizzo di plastica vergine i marchi aderenti non sono sulla buona strada per raggiungere la maggior parte degli obiettivi fissati per il 2025. Mancano infatti solamente due anni al 2025, e con molti più dati e conoscenze ora è chiaro – si legge nel rapporto- dove sono stati compiuti notevoli progressi, nonché quali obiettivi verranno mancati e perché.

L’obiettivo di avere imballaggi riutilizzabili, riciclabili o compostabile al 100% non sarà raggiunto in tempo per molte aziende, e qui gli imballaggi in plastica flessibile e la carenza di infrastrutture di trattamento rappresentano i principali ostacoli.

L’altro settore in cui, nonostante i molti progetti pilota, non si registrano progressi su vasta scala è il riutilizzo, come vedremo più avanti, che incide a sua volta negativamente sulla riduzione della plastica vergine.

Nonostante il probabile fallimento nel raggiungimento degli obiettivi secondo l’EMAF negli ultimi cinque anni i membri hanno comunque “superato significativamente i loro pari” nella loro performance.

“Hanno sostanzialmente ridotto l’uso di numerosi articoli di plastica problematici ed evitabili, stabilizzato l’uso di plastica vergine e più che raddoppiato la quota di contenuto riciclato”, afferma l’organizzazione.

“Aumentando l’uso di plastica riciclata di 1,5 milioni di tonnellate all’anno, i firmatari hanno lasciato sottoterra l’equivalente di un barile di petrolio ogni due secondi – oltre ad evitare 2,5 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra”.

Un possibile epilogo negativo che, come ha raccontato Economiacircolare , era evidente nel IV Progress Report del 2022 (riferito al 2021), ma anche dal precedente del 2021( riferito al 2020).

In considerazione dei risultati ottenuti dai partecipanti al GC che, ricordiamo, rappresentano solamente il 20% della catena di fornitura globale degli imballaggi in plastica la pubblicazione di questo rapporto ha lo scopo di attirare maggiormente l’attenzione sui negoziati del Trattato globale sulla plastica delle Nazioni Unite.

Il rapporto arriva infatti pochi giorni prima del terzo Comitato negoziale internazionale (INC-3) per il Trattato globale, che si terrà a Nairobi, in Kenya, dal 13 al 19 novembre.

“E’ fondamentale portare il riutilizzo degli imballaggi in plastica dalla nicchia alla scala”

Nel capitolo dedicato al riuso (pag. 24) si legge che il passaggio dai modelli basati sul monouso a quelli di riuso presenta una delle maggiori opportunità per ridurre il consumo di plastica e l’inquinamento che ne deriva.

Si stima che il passaggio al riutilizzo possa infatti portare ad una riduzione totale di oltre il 20% delle quantità di plastica che finiscono negli oceani entro il 2040.

Se il riutilizzo è fondamentale per ridurre l’uso della plastica vergine lo è altrettanto nel contenimento delle emissioni climalteranti. Si stima che per mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di 1,5°sia necessaria una riduzione del 50% nella produzione di plastica. Per quanto riguarda gli imballaggi in plastica il riuso è qui essenziale in quanto tutte le altre strategie  di riduzione del consumo di plastica vergine – riduzione del packaging, sostituzione con altri materiali e riciclo – presentano dei limiti ed effetti collaterali.

Purtroppo il tasso di riutilizzo già esiguo quando l’iniziativa partì nel 2018 si è ulteriormente ridotto sino a rimanere stazionario al 1,5 % negli ultimi due anni. Questo è il risultato con cui bisogna fare i conti:  nonostante il riutilizzo sia stato riconosciuto avere un ruolo importante nella soluzione della crisi plastica e l’interesse sui sistemi di riuso sia aumentato: con un 61% dei firmatari che hanno avviato dei pilota e costituito gruppi di lavoro sul tema.

Cosa dicono le ONG dei risultati del Global Commitment sulla plastica (segue pag.2)

 

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