Fame di suolo

Una maggiore sensibilità ambientale e il rallentamento dell’economia non hanno frenato la fame di suolo di città e regioni italiane, che in soli sei mesi sono riuscite a utilizzare 5mila nuovi ettari di territorio, come se in pochi mesi si fossero costruire 200mila villette. Ormai l’Italia ha un suolo impermeabilizzato che è pari all’estensione di tre sue regioni, Campania, Liguria e Molise messe insieme, tre volte e mezzo l’estensione dell’Autostrada del Sole, e ancora una volta nel consumo sono in prima fila le grandi città, Torino e Roma su tutte, ma anche molti piccoli centri hanno messo a segno un poco invidiabile record. A confermare il drammatico dato è l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nell’aggiornamento del suo report su questo argomento, che tiene conto di quanto successo tra novembre 2015 e maggio 2016 e vede il totale italiano attestarsi sul 7,64% nazionale.

A livello regionale, è proprio la Lombardia la regione con più suolo utilizzato, con quasi 309mila ettari pari al 12,9% del totale, seguita dal Veneto col 12,2% (quasi 224mila ettari) e dalla Campania col 10,7% (145mila ettari): da questo punto di vista, le zone più virtuose sono Sardegna, col 3,7% e 90mila ettari consumati, la Basilicata col 3,4% e la Valle d’Aosta col 2,9%, anche il Piemonte come regione fa molto meglio di Torino, con il 6,9% di territorio sfruttato. A livello provinciale, l’incremento maggiore di suolo consumato si è avuto nei sei mesi interessati a Treviso, con 180 ettari, seguita da Salerno, Roma, Viterbo e Vicenza, mentre in termini assoluti Monza e Brianza risulta la provincia con la percentuale più alta di consumo di suolo rispetto al territorio amministrato (oltre il 40%), seguita da Napoli e Milano (oltre il 30%), Trieste, Varese e Padova.
Ma come è stato consumato questo ulteriore suolo? in primo luogo sono state costruite o ampliate aree urbane “a bassa densità”, vale a dire dove si trovano centri abitati ma con ancora molti spazi non utilizzati, che è quindi più facile “inglobare” nella città: questo dato corrisponde al 23,1% del totale tra 2015 e 2016, incluse le strade locali e urbane. Il 22,3% dei cambiamenti nelle grandi aree urbane riguarda proprio l’aumento di densità delle popolazione, mentre il 27,9% del territorio utilizzato ha visto sorgere nuove aree industriali e commerciali.
Grave la situazione anche si guarda alla qualità del suolo perduto, visto che in generale il 23,2% si trova nella fascia costiera entro i 300 metri dal mare, mentre l’11,8% è in aree classificate come pericolose per quanto riguarda le frane e un altro 11,2% in zona a rischio idraulico. Ma il territorio è una ricchezza anche economica, non solo per l’uso che se ne può fare ma per i servizi ecosistemici che offre: secondo gli esperti di ISPRA e SNPA (Sistema nazionale per la protezione ambientale), infatti, tra i 630 e i 910 milioni di euro l’anno è il costo determinato dal venir meno di funzioni che il suolo impermeabilizzato non può più svolgere, in primo luogo la produzione agricola (oltre la metà del totale), la protezione dall’erosione, l’infiltrazione dell’acqua, lo stoccaggio del carbonio e la qualità degli habitat.
Fonte: La Stampa