Un programma circolare per la plastica: riciclo per almeno metà del packaging

Tornando al piano, secondo gli autori la fragilità del sistema attuale, è determinata da un insieme di fattori. Al primo posto c’è la minaccia rappresentata dalla frenetica e inarrestabile differenziazione verso nuovi materiali e formati che contraddistingue il mercato del packaging. Se per alcune tipologie di packaging ne sono derivati importanti benefici funzionali i costi complessivi di gestione degli imballaggi sono aumentati e il loro valore post consumo è diminuito. Inoltre, come anticipato, la frammentazione che spesso caratterizza l’intero sistema di raccolta e selezione impedisce economie di scala e un approvvigionamento costante  di flusso di materiali di alta qualità per i riciclatori. Infine, a complicare ulteriormente il quadro, che ha causato la chiusura di diversi impianti di riciclo negli Usa, così come in Europa, si inserisce la volatilità dei prezzi di mercato. Tra  il 2012 e il 2015 si è infatti verificato un calo dei prezzi per molti tipi di plastica, sia vergine che riciclata, e  in particolare per il PET con il prezzo del riciclato sceso del 30 – 40%.

L’IMPORTANZA DELL’ECO-DESIGN
Lo studio ha stimato, sulla base di elaborazioni da dati provenienti da varie fonti internazionali che è possibile arrivare ad aumento di valore pari a circa 190-290 dollari, o a 2-3 miliardi di dollari all’anno nei paesi OCSE per ogni tonnellata di plastiche raccolte.
Il design del packaging, come già introdotto, ha un diretto e significativo impatto sui costi di raccolta, selezione e riciclo. La scelta dei materiali, colori, formati e altri componenti del design determinano se uno specifico imballaggio avrà un valore post consumo (e di quanto), se verrà riciclato, o se invece arrecherà costi aggiuntivi di smaltimento. Gli imballaggi non riciclabili che entrano nel flusso del riciclaggio causano un costo aggiuntivo netto che può arrivare sino 300-350 dollari per tonnellata raccolta rispetto ad  imballaggi  che sono facilmente riciclabili.
Ad esempio le bottiglie in PET opaco incontrano un bassissima riciclabilità rispetto alle bottiglie trasparenti. Nella sola Francia ne vengono vendute circa 5.000-6.000 tonnellate  con una stima di 1-2 milioni di dollari all’anno di costi evitabili causati al sistema di riciclaggio francese. In Francia le bottiglie non trasparenti (per effetto di opacizzanti e colori scuri)  e i vassoi hanno raggiunto quote significative nelle balle di PET colorato, rappresentando un quinto del totale. E’ molto probabile che queste stime siano anche applicabili alla realtà italiana.
Il piano identifica quattro aree di intervento progettuale possibile che possono innescare un impatto positivo sull’economia del riciclo quantificabile in 90-140 dollari per tonnellata raccolta.
1. Progettazione del contenitore. Le scelte progettuali relative agli esempi di packaging esaminati includono sia la forma del contenitore che l’eventuale utilizzo di etichette, manici, inchiostri e stampa diretta, colle, chiusure e rivestimenti di chiusura e accessori (valvole, pompe, trigger, ecc). Uno studio di APR  ( Association of Plastic Recyclers) ha stimato che  l’utilizzo delle etichetti coprenti termoretraibili, o sleeves, sulle bottiglie in PET incida di 44-88 dollari circa per ogni tonnellata di PET riciclato e dai 2 ai 4 centesimi di dollaro per ogni 500 grammi di prodotto lavorato. Secondo APR inoltre in 10 anni i costi necessari per produrre riciclato in PET per il mercato sono raddoppiati. In Italia Corepla ha stimato che nel 2011 siano state raccolte circa 5.500 tonnellate di confezioni con etichette coprenti.
Input da esperti del settore e studi analizzati dal piano indicano che durante la selezione e il riciclaggio si verifichi una perdita di packaging in plastiche miste raccolto che arriva sino al 15% a causa di caratteristiche progettuali tra cui il formato. Il packaging di dimensioni inferiori ai 400-700 millimetri citato nell’approfondimento dedicato alla riprogettazione, tra cui rientrano tappi di vario tipo e piccoli contenitori come i popolari flaconcini di probiotici, finisce nel sottovaglio degli impianti di selezione e viene generalmente incenerito come scarto. APR ha annunciato lo scorso novembre 2016 di voler trovare delle soluzioni per intercettare e riciclare questo flusso. Supponendo di riuscire, attraverso un miglioramento del design a dimezzare le perdite, si otterrebbero benefici economici quantificabili in  50-70 dollari  per tonnellata di imballaggi in plastiche miste raccolti.

2. Scelta del polimero. Come in parte già analizzato nella strategia dedicata alla riprogettazione i materiali polimerici poco usati come imballaggi vengono raramente riciclati perché le quantità immesse al commercio non sono sufficienti per beneficiare di economie di scala nelle fasi di selezione e riciclo. Al contempo questi polimeri possono anche ostacolare il processo di riciclo dei polimeri più prevalenti come avviene quando il PVC o il PLA entrano nel flusso di riciclo del PET . Sostituendo il PVC ( rappresenta il 1,5-2% del packaging di plastica) negli imballaggi con polimeri più usati si escluderebbe anche una fonte di contaminazione per il PET che impatterebbe positivamente la resa e il prezzo del PET riciclato. Stesso discorso vale per il PS (polistirene) e l’EPS (polistirene espanso) che coprono il 6% del mercato.

3. Scelta del pigmento. Colorare le plastica con pigmenti riduce il valore dei materiali riciclati sino a 100-300 dollari per tonnellata di riciclato.
Pertanto, il passaggio di una quota significativa di imballaggi in plastica attualmente realizzati in colorazioni scure o coprenti (come nel caso che riguarda il PET con l’agente opacizzante TiO2 Biossido di titanio) a materiali trasparenti o con colorazioni tenui avrebbe l’effetto opposto. Werner & Mertz azienda tedesca produttrice di detergenti  ha scelto di non colorare i contenitori dei suoi prodotti in polietilene ad alta densità (HDPE) per mantenere il valore post consumo del materiale il più a lungo possibile. Inoltre l’eliminazione il pigmento carbon black conosciuto come nerofumo (utilizzato nel 1.5%-2% del packaging in peso) ridurrebbe le perdite di questi imballaggi che attualmente vengono scartati negli impianti di selezione automatica a raggi infrarossi.

4. Scelta dell’additivo. Sia le linee guida di design per il riciclo che interviste ad esperti effettuate hanno evidenziato che alcuni additivi impiegati nella produzione degli imballaggi hanno un impatto negativo sui processi di riciclaggio. Gli effetti sono diversi a seconda dei polimeri ma possono andare da scolorimenti del materiale riciclato a conseguenze sulla densità della materia plastica che si traducono in perdite  di materiale evitabili durante le fasi di riciclo.

In conclusione per evitare che le scelte complessive che sottintendono al design del packaging continuino ad impattare negativamente il sistema post consumo è assolutamente necessario che si instauri una collaborazione continuativa tra i progettisti di imballaggi a monte e i soggetti della filiera post consumo a valle. Questa apertura di dialogo renderà possibile tutte le successive fasi di lavoro che il piano Catalysing Action ha in agenda e che si possono leggere nella scheda alla prossima pagina.
Rimandiamo invece alla lettura in originale delle pagine del piano da pag. 39 a 41 per le azioni necessarie a livello di riprogettazione, riorganizzazione dei sistemi post consumo tra raccolta, selezione e riciclo e per un miglioramento nella performance dei processi di riciclo e della qualità dei prodotti da riciclo.

 

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