Un appello ai produttori di birra alla spina: il riuso non va dismesso ma implementato

La nostra proposta è inoltre allineata con il programma della Ellen McArthur Foundation per l’economia circolare che indica, in uno specifico piano, la necessità di convertire al riutilizzo almeno il 20% in peso degli imballaggi totali immessi al commercio. Tale conversione al riutilizzabile, sia per gli imballaggi primari che industriali (secondari e terziari) può avvenire anche attraverso una riprogettazione dei “delivery models” e cioè dei modelli di commercializzazione e/o somministrazione di un prodotto.
Carlsberg Italia grazie ai risparmi calcolati nell’LCA del sistema che si traducono in meno emissioni di Co2 e consumo di acqua (i fusti partivano e tornavano per essere sanificati e riempiti in un unico stabilimento) dichiara di essereallineata con l’impegno globale a generare maggiore benessere con un minor impatto, come richiesto sia dall’Accordo sul Clima di Parigi che dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdg)”.
Tuttavia il raggiungimento degli obiettivi SDG e dell’accordo sul clima richiedono una drastica riduzione di tutti gli impatti. In natura tutto è collegato: la produzione dei rifiuti genera emissioni climalteranti e ha un impatto diretto sul consumo di risorse e sul fenomeno del marine litter.

Come associazione di comuni che conosce le criticità della gestione dei rifiuti sul territorio, ma soprattutto considerando il momento storico, consideriamo “una sconfitta” il passaggio da un sistema riutilizzabile a uno a perdere. A maggior ragione quando il passaggio viene prevalentemente giustificato sulla base degli esiti rilevati dall’LCA (riportati nel nostro primo appello) e per almeno per due ordini di ragioni. In prima battuta perché tale analisi per sua natura non considera gli impatti complessivi di una determinata scelta.

In questo caso l’LCA non ha considerato lo spreco di materia di origine fossile pari al 100% dei fusti immessi al commercio. Ogni fusto a fine vita (vedi foto) rappresenta 380 grammi di materia persa che finisce nel sistema di raccolta degli imballaggi causando dei costi al sistema post consumo prima di essere smaltito in discarica (al Sud) o nei termovalorizzatori, che non vengono bilanciati con la vendita di materiale ai riciclatori .
In seconda battuta perché, da un’azienda che fa della sostenibilità un valore fondante, ci si aspetterebbe una valutazione più ampia che comprendesse anche una valutazione degli impatti economici “indiretti”. La creazione di valore da parte delle azienda si misura pur sempre sulla performance complessiva a livello ambientale sociale ed economico.
A questo proposito ci limitiamo a segnalare che sono stati fatti diversi studi che dimostrano che l’impatto occupazionale generato dal riuso e dal riciclo e da modelli di economia circolare è infinitamente più alto di qualsiasi gestione dei rifiuti finalizzata allo smaltimento.

 

CONTINUA A LEGGERE >>

Leggi anche