Plastica unita contro il marine litter ma anche contro le sue soluzioni

Come si vede nella figura a seguire solamente il 14% del packging in plastica immesso viene raccolto per essere riciclato mentre un 14% del totale raccolto viene incenerito. Se si calcolano i costi dovuti alla selezione degli imballaggi e della produzione di nuovi manufatti solamente il 5% del valore originario del materiale viene conservato nel secondo utilizzo. L’attuale riciclo della plastica è per lo più caratterizzato dal downcycling. Anche considerando il caso di maggior successo riferito al PET, la plastica più pregiata e maggiormente riciclata, si potrà rilevare che quasi la metà non viene raccolta per essere riciclata e solamente il 7% delle bottiglie di PET immesse al consumo viene trasformato in altre bottiglie: bottle to bottle. Per visualizzare tutte le infografiche prodotte nello studio clicca qui.

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-L’industria della plastica dipende totalmente dall’approvvigionamento di olio e gas che rappresentano più del 90% della materia prima necessaria ai processi industriali. Per l’industria del packaging la percentuale di dipendenza è più alta perché l’impiego di plastica riciclata nel packaging è estremamente limitato.
A seguito di una consultazione da più fonti, lo studio ha appurato che la percentuale di petrolio complessivamente impiegata dall’industria plastica rispetto alla produzione totale, si attesta tra il 4–8%, di cui una metà viene utilizzata sotto forma di approvvigionamento di materia di prima, e l’altra metà come combustibile per produrre energia.
-Se il consumo di plastica continuerà a crescere l’industria plastica assorbirà quindi nel 2050 il 20% della produzione totale. Mentre è previsto che la domanda generale per la produzione di olio e gas cresca annualmente di uno 0.5% la crescita nella domanda da parte dell’industria della plastica viene stimata in un 3.5–3.8% annuo.

Lo studio prima citato Valuing plastic commissionato a Trucost dall’UNEP-Programma Ambiente delle Nazioni Unite-, aveva prudenzialmente stimato in 75 miliardi di dollari l’impatto sul capitale naturale causato ogni anno dall’utilizzo della plastica nel settore dei beni di largo consumo così come attualmente gestito. La stima teneva conto delle esternalità generate dall’uso della plastica (packaging incluso) in tre aree di impatto: degradazione dei sistemi naturali conseguenti alla dispersione della plastica e specialmente nei mari ed oceani, emissioni di gas serra associate alla sua produzione e all’incenerimento, e impatto ambientale/sanitario provocato dalle sostanze chimiche contenute nella plastica. Al settore del packaging veniva imputato un impatto pari a 40 miliardi di dollari l’anno (importo che supera il fatturato annuale del settore) mentre la perdita causata a mari ed oceani dall’inquinamento marino veniva valutata 13 miliardi.

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Consulenti specializzati in Economia Circolare hanno apprezzato, oltre ai contenuti dello studio, la modalità collaborativa che lo ha reso possibile. Per la prima volta uno studio ha riunito soggetti parte della catena del valore della plastica: piccole e grandi industrie, città, ONG e associazioni di categoria industriali che si sono confrontati sulle possibili soluzioni (nonostante esistessero motivi di competizione tra alcuni soggetti). Questo esempio fa ben sperare se si considera che una delle maggiori barriere alla progettazione di cicli economici circolari consiste proprio nella necessità di coinvolgere tutti i possibili stakeholders. L’approccio sistemico che l’economia circolare richiede già solamente in fase di ideazione, potrebbe quindi diventare la chiave di volta che garantisce un immediato cambiamento delle regole del gioco.
Se pertanto un soggetto- che potrebbe/dovrebbe essere il governo o una sua emanazione- fungesse da catalizzatore e accelleratore del cambiamento, mettendo intorno ad un tavolo l’intero sistema dei potenziali portatori di interesse di un determinato ciclo economico, potrebbero aprirsi scenari proficui per economia e ambiente sin qui inesplorati e impensabili. Questo approccio risulta applicabile sia a cicli economici che si volessero migliorare che ridisegnare. Progetti pilota di successo che potrebbero scaturirne avrebbero la potenzialità di stimolare la politica a produrre legislazioni appropriate per incentivarne  applicazioni su larga scala.
Il rapporto è stato pensato per fornire una base di evidenza utile a decisori politici e aziendali affinché possano progettare una nuova economia per le materie plastiche superando i limiti delle iniziative in atto spesso frammentarie e poco incrementabili.

Alcune delle prospettive future e soluzioni proposte nella seconda parte dell’esaustivo studio sono state trattate in questo nostro approfondimento dal titolo “Plastica: anche per gli imballaggi la sostenibilità non può attendere” . Consigliamo vivamente la lettura  del rapporto a tutti coloro che vogliono approfondire quale è il potenziale dell’economia circolare applicato alla gestione di un materiale come la plastica che ha attualmente un ciclo di vita altamente lineare. Lo studio è scaricabile a questo link dove si può accedere all’infografica.  Dal report è nato un progetto omonimo della durata di tre anni al quale stanno aderendo diversi soggetti industriali e del mondo della ricerca.

AGGIORNAMENTO SUL PROGRAMMA THE NEW PLASTICS ECONOMY

Pubblicato il piano di azione  “The New Plastics Economy: Catalising Action”, redatto in collaborazione con alcuni dei principali player di settore come Unilever, Coca Cola, Pepsy Cola, Danone, presentato nel gennaio 2017 durante l’annuale meeting del World Economic Forum di Davos. Il nostro primo approfondimento sul piano si può leggere qui.

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