Responsabilità estesa del produttore = deposito su cauzione

Clarissa Morawski di CM Consulting e Managing director delle piattaforma europea Reloop spiega in un recente articolo perchè il deposito su cauzione per i contenitori di bevande è da considerarsi un sistema efficace e conveniente per le aziende che devono assolvere  al principio della Responsabilità Estesa del Produttore o EPR (1)

Se vi descrivessi un sistema di gestione del fine vita di un prodotto che ha stimolato la progettazione ecologica, creato un canale per garantire la logistica di ritorno, aumentato il tasso di riciclaggio, e tutto questo a spese del produttore, non lo definireste come un esempio di responsabilità estesa del produttore?

Più di due decenni fa, Thomas Lindhqvist, un professore svedese di Economia Ambientale* ha coniato il termine responsabilità estesa del produttore, o EPR (Extended Producer Responsability) . Gli obiettivi dell’EPR erano duplici: in primo luogo affrontare il crescente problema della produzione eccessiva di rifiuti, e in secondo luogo, stimolare una progettazione ecocompatibile dei prodotti e delle loro filiere produttive. A quel tempo, Lindhqvist aveva definito l’EPR come una strategia di protezione ambientale che rende i produttori responsabili dell’intero ciclo di vita dei loro prodotti e in particolare per il ritiro a fine vita, il riciclo e lo smaltimento finale.

CASI DI SUCCESSO PER BOTTIGLIE E LATTINE

I sistemi di deposito su cauzione per imballaggi di bevande che sono stati introdotti in Svezia, Finlandia, Germania, Estonia, Lituania e Norvegia hanno raggiunto quei risultati che Lindhqvist aveva immaginato. Lo stesso vale per i sistemi di successo gestiti dai produttori di bevande in Nord America: in Quebec, Oregon e Michigan, solo per citarne alcuni. In tutti questi esempi, l’industria delle bevande si è assunta l’obbligo, ma anche il potere di poter gestire al meglio il sistema riducendone i costi.

Quale altro programma di EPR esistente per i contenitori di bevande al di fuori del cauzionamento è in grado di intercettare fonti costanti di plastica pulita per fare nuove bottiglie, di ridurre in maniera significativa l’impronta di carbonio dei contenitori e infine fornire sufficiente materiale post consumo per raggiungere gli obiettivi percentuali di materiale riciclato che deve essere contenuto nei manufatti?.

Quindi il deposito su cauzione potrebbe rappresentare un modello esemplare di EPR, giusto?

A quanto pare non lo è per tutti. Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato un manuale guida sull’ EPR. La prima tabella della relazione presentava una panoramica dei sistemi di EPR esistenti nel 2013 nei 28 Stati membri dell’UE per gli imballaggi e altri beni senza menzionare i sistemi di cauzionamento. Nonostante l’EPR venga definito come “qualsiasi sistema o regime istituito da uno o più produttori in applicazione al principio dell’EPR” il rapporto si limitava a indicare il cauzionamento nella categoria “altri strumenti di policy”.

Anche il programma Product Stewardship Institute (PSI) negli Stati Uniti, esclude i sistemi di deposito su cauzione nella sua mappatura dei programmi di EPR esistenti. Il gruppo ha comunque commentato sul tema, affermando “c’è un dibattito in corso sul fatto che il cauzionamento per le bottiglie sia una forma di EPR : alcuni ritengono di si altri lo vedono come un precursore delle politiche di EPR.” Che cosa vuol dire?

Un punto di vista ‘purista’
Ho sentito sostenere che, poiché l’obbligo di solito ricade sulle spalle di distributori e grossisti, il deposito su cauzione non può essere considerato un sistema di EPR. Questa asserzione riflette una convinzione “purista” che ritiene che se l’EPR non rende direttamente responsabili i produttori della gestione del fine vita, non esiste quel meccanismo che incentiva l’ecodesign dei prodotti. Anche se apparentemente l’affermazione potrebbe avere un suo senso, l’esperienza ha dimostrato invece che aziende a valle nella catena di fornitura, come i rivenditori e i distributori, hanno invece il potere di influenzare un cambiamento nel design degli imballaggi.
Un esempio è quello di Walmart il più grande retailer del mondo che ha introdotto nel 2006 la Packaging Scorecard che è il perfetto esempio della potenzialità che un’entità a valle può avere nell’ indurre un cambiamento nella sua catena di fornitura globale a monte. La Packaging Scorecard è una vera e propria scheda di valutazione, volta a classificare gli imballaggi in funzione della loro sostenibilità. I buyer di Wal-Mart sono in grado di indirizzare i propri acquisti verso fornitori che vantano punteggi migliori. Questi ultimi dispongono, a loro volta, di uno strumento d’ingresso in più che incentiva la sostenibilità.(2)

Coca-Cola offre un altro esempio che dimostra come siano i distributori ad avere in realtà maggiormente il controllo e la responsabilità della gestione del fine vita degli imballaggi dei produttori. Nel caso della Coca-Cola infatti mentre il produttore si occupa di fare lo sciroppo tutto il resto delle attività, inclusa la scelta del packaging e il confezionamento viene svolto dai distributori. Allo stesso modo, negli Stati Uniti, sono i distributori che decidono in merito al packaging delle bevande alcoliche in quanto viene proibito per legge ai produttori di occuparsi delle fasi di commercializzazione.

I sistemi di cauzionamento possono avere impatti positivi sul design dei prodotti, dal momento in cui un gestore centralizzato (che opera per conto di distributori o produttori) può avere accesso a flussi di plastiche pulite che possono diventare altre bottiglie. In Germania, ad esempio, l’80 % delle bottiglie in PET raccolte attraverso il sistema di cauzionamento è utilizzato nelle applicazioni bottle-to-bottle. In Norvegia, a seguito delle elevate quantità di PET raccolto, è in costruzione un nuovo macchinario per rendere possibile realizzare bottiglie in PET con una percentuale di riciclato pari all’80% .

Lindhqvist, il padre dell’EPR, ha in realtà classificato i sistemi di deposito su cauzione come EPR dedicando un intero capitolo della sua tesi di dottorato, pubblicata nel 2000, all’esame degli alti tassi di raccolta resi possibile dal sistema. Si potrebbe addirittura sostenere che, se non fosse stato per il deposito su cauzione, Lindhqvist non sarebbe mai arrivato a sviluppare una definizione di responsabilità estesa del produttore.

Ma Lindhqvist non è il solo a classificare il cauzionamente come una forma di EPR. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha aggiornato quest’anno il proprio Manuale Guida all’EPR che fa riferimento ai sistemi di cauzionamento in 21 pagine separate. Il gruppo osserva che “L’EPR può essere volontaria o obbligatorio per legge, e … può essere implementata attraverso una varietà di strumenti, come schemi di ritiro per i prodotti o di strumenti economici (ad esempio sistemi di cauzionamento o eco tasse per sostenere i costi di smaltimento), o una combinazione di queste misure. ” La Coalizione Nazionale per il Riciclaggio (NRC) ha adottato la definizione dell’OCSE per l’EPR classificando il cauzionamento come uno strumento di implementazione per EPR.

L’autrice dell’articolo, che può essere letto nella versione originale qui ,conclude la sua argomentazione ribadendo che il cauzionamento rappresenta per le aziende la modalità più efficace e conveniente per assolvere ai loro obblighi di EPR e permettere il raggiungimento di alti tassi di riciclaggio per il loro packaging, riducendo al contempo le quantità di imballaggi disperse nell’ambiente.

Note bibliografiche

*International Institute for Industrial Environmental Economics (IIIEE) Università di Lund.

(1)Responsabilità Estesa del Produttore L’OCSE ha definito la responsabilità estesa del produttore (o EPR Extended Producer Responsibility) come una strategia di protezione ambientale dove la responsabilità del produttore è estesa anche alla fase post-consumer, ovvero all’intero ciclo di vita del prodotto rendendo così il produttore responsabile dell’intero ciclo di vita, in particolare per il ritiro, il riciclo e lo smaltimento finale. Il concetto di Epr è stato introdotto in Italia nel 1997 con il cosiddetto “decreto Ronchi“, che recependo una serie di direttive europee in materia di gestione dei rifiuti e degli imballaggi post consumo sancì, tra l’altro, proprio la nascita del sistema Conai e dei consorzi di filiera ad esso afferenti. Obiettivo: assolvere al principio dell’Epr per conto dei produttori, importatori ed utilizzatori di imballaggi in plastica, carta, vetro, acciaio, alluminio e legno.

(2) Walmart ha perfezionato questo strumento pubblicando nel 2016 The Sustainable Packaging Playbook delle linee guida sulla riciclabilità del packaging che rende la riciclabilità del packaging una condizione incentivante per i potenziali fornitori dell’insegna. Ne abbiamo parlato qui.

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